Quando si discute di Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes) bisogna tenere a mente che si tratta di un organismo intergovernativo, creato nel 2012 con un trattato internazionale da e tra i Paesi dell’Eurozona. Il Mes nasce sulle ceneri della crisi dei debiti sovrani, che coinvolse diversi esecutivi continentali. La sua funzione principale è quella di concedere, sotto precise condizioni, assistenza agli Stati membri che hanno problemi a finanziarsi sul mercato. Il Mes può infatti acquistare titoli di Stato del Paese in difficoltà, erogare prestiti, aprire linee di credito. Tali prestiti sono elargiti dai Paesi creditori, che fungono da garante, senza interventi diretti da parte delle istituzioni dell’Unione. L’organo, che ha un capitale sottoscritto di circa 700 miliardi di euro (dei quali solo 80 sono stati effettivamente versati dai componenti), decide all’unanimità sulle questioni principali, anche se esistono delle eccezioni di delibera a maggioranza qualificata. I principali finanziatori sono Germania, Francia e Italia, che hanno già versato rispettivamente 22, 16 e 14 miliardi.

A livello di “governance”, il Mes è guidato da un Consiglio dei governatori, costituito dai ministri delle Finanze dei Paesi dell’area euro. Il Trattato istitutivo del Mes individua un ulteriore organo al quale, direttamente o su delega del Consiglio dei governatori, vengono attribuiti poteri decisionali: il Consiglio di amministrazione, composto da nove funzionari esperti, nominati proprio dai governatori. Una (parziale) riforma del Mes fu adottata nel 2021, sottoscritta anche dal Governo italiano, con la quale si prevede la possibilità per il meccanismo di fornire una rete di sicurezza finanziaria al Fondo di Risoluzione delle crisi bancarie, nel caso di insufficienza dello stesso. L’accordo, ormai ratificato da tutti gli altri firmatari, necessita solamente della restante ratifica italiana, senza la quale non può entrare in vigore.

La motivazione per cui solo in Italia continuano a manifestarsi resistenze a uno strumento accettato con poche esitazioni da tutti gli altri membri è mossa da blocchi di natura sostanzialmente ideologica. La difficoltà sta nello smentire o rinnegare l’approccio antieuropeista, che sia di tipo sovranista o a trazione pentastellata, punto di scontro attraverso cui si misura la rigidità ideologica del populismo decadente, che ha causato danni e ritardi al Paese (anche nel contrasto alla pandemia, nello schema del Pandemic crisis support, cioè lo strumento del Mes sanitario). Se l’ingegnerizzazione della propaganda algoritmica ha ormai scelto che il Mes è termine negativo, esso viene dipinto come tale anche nella sostanza. Alla base c’è quindi da conservare una promessa elettorale, dopo aver smentito gran parte delle prese di posizione pregresse, tralasciando la resa dei conti con vincoli di realtà e responsabilità istituzionali. In generale, la firma dei Trattati Internazionali non necessita di alcuna autorizzazione del Parlamento: l’unica cosa che conta affinché il Trattato abbia efficacia è la ratifica, successiva, parlamentare. Prima o senza di essa, il Trattato non esiste. Ratificare la riforma del Mes non significa inoltre impegnarsi a chiedere in futuro la sua assistenza: non c’è nessun automatismo, trattandosi di processi separati.

Anche l’argomentazione secondo cui il Mes è inutile in quanto non utilizzato appare poco sostenibile. Essendo uno strumento di emergenza, viene attivato quando si perde l’accesso al mercato dei capitali (non si trovano cioè prestiti); quindi, dovremmo essere solo felici se nessuno ora è costretto a ricorrervi. Il voto sul Mes sembra poi voler essere utilizzato dall’attuale Governo come pedina di scambio all’interno di un quadro più ampio, che riguarda la riforma del Patto di stabilità e crescita, oltre alla revisione del Pnrr. L’Italia arriva da malata cronica di debito pubblico sul tavolo del Patto di stabilità, da ritardataria sul Pnrr e al momento ancora in stallo sul Mes. Siamo sicuri che il Paese con il secondo rapporto debito/Pil più elevato dell’Unione, nonché principale percettore dei fondi del Pnrr, possa dunque permettersi una battaglia nei confronti del Mes che non trova motivazioni reali e tangibili?