Tre carte che bruciano
Mes in stallo, la mano di poker del Governo e il rischio di isolamento in Europa
L’azzardo consiste nel minacciare di non votare il salva Stati entro la fine dell’anno se in cambio non otteniamo molto altro (flessibilità sul Patto di Stabilità, unione bancaria, soldi sul fondo migranti)
Governo e maggioranza hanno deciso di giocare una mano di poker a Bruxelles con tre carte che bruciano: il Mes; il Patto di stabilità e crescita; la cosiddetta “logica a pacchetto”. Il tutto mentre governo e maggioranza sono impegnati sul fronte di una legge di bilancio che doveva essere approvata “per la prima volta entro metà dicembre e senza correzioni” (cit. Meloni) e invece sarà approvata, se va bene, come al solito nelle ultime ore dell’anno e con le correzioni portate dallo stesso governo che probabilmente non si fida della propria maggioranza parlamentare visto che non solo l’ha inibita dal presentare emendamenti ma non gli fa presentare neppure quelli necessari. Questo ha a che fare con lo svuotamento progressivo della rappresentanza parlamentare e non è tema di oggi. E però conviene tenerlo presente quando poi si entrerà nel vivo della riforma del premierato.
Si gioca a poker con Mes e Patto di stabilità, due regolamenti che sono molto più vicini al nostro quotidiano di quello che si può pensare, mentre nel Paese accadono imperdonabili incidenti fra treni, mancano 30mila medici e 70mila infermieri medici e un ospedale va a fuoco uccidendo il suo bene più prezioso: i malati.
La mano di poker consiste nel minacciare di non votare il Mes entro la fine dell’anno se in cambio non otteniamo molto altro, ad esempio flessibilità sul Patto di Stabilità (su cui la discussione è ancora in corso e anche in stallo), l’unione bancaria, più soldi sul fondo migranti, l’armonizzazione fiscale. Un do ut des, insomma, uno scambio più che legittimo in linea teorica e specie in politica. Peccato che venga a mancare subito una parte dello scambio: ratificare il Mes non significa attivarlo. In compenso, la non-ratifica blocca la funzionalità del Fondo per tutti gli altri paesi Ue che lo hanno firmato. Sui negoziati per il Patto di stabilità la premier alla presentazione di PhotoAnsa 2023 ha detto: “Quello sul Mes è un dibattito molto italiano e anche molto ideologico. Certe dichiarazioni mi fanno sorridere, come la segretaria del Pd Elly Schlein che dice ‘non possiamo tenere ferma tutta l’Europa’”.
Fratelli d’Italia e Lega quando erano all’opposizione hanno sempre giurato “mai il Mes”, la prassi di governo costringe pragmaticamente a più miti consigli e però è difficile spiegare ai propri elettori anche questo ennesimo dietrofront. Va avanti così da un paio d’anni: sul Mes la destra, anche ai tempi di Draghi, ha sempre detto no perché “non ci conviene”, perché “è una trappola”. È ovvio che nessuno si augura di dover attivare il Mes, ma non ratificarlo è uno sgarbo che non ci fa onore e ci isola nel contesto europeo.
Ora però il tempo è scaduto. L’ultima occasione per l’Italia è il 14 dicembre: quel giorno infatti è calendarizzato in aula alla Camera il disegno di legge di ratifica a prima firma Marattin (Italia Viva). Il ministro economico Giorgetti, che in ogni riunione Ecofin si ritrova nell’imbarazzo di dover prendere tempo con i colleghi, ha lasciato intendere che “il Parlamento deciderà”. Nelle ultime ore è stato smentito dai suoi e da Fratelli d’Italia. Giorgia Meloni ha fatto intendere che ci sarà “un nuovo rinvio ad anno nuovo”. Il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli (FdI) anche ieri ha ribadito: “Giovedì non ci sarà alcun voto per il Mes” per poi continuare con il solito slogan: “Fondo salva stati sì, fondo affossa stati no”. La Lega è ferma sul no. Forza Italia ondeggia e passa dal Sì al No con facilità. L’ultima posizione del vicepremier Tajani è la seguente: “Siamo favorevoli al Mes ma senza fretta e, soprattutto, nell’ambito di una logica a pacchetto”. Ovverosia lo scambio, per qualcun il ricatto: ratifichiamo il Mes se Bruxelles viene incontro alle richieste dell’Italia sul nuovo patto di Stabilità e crescita (le regole fiscali e di bilancio dei 27) e se insieme si procede con l’unione bancaria e con l’armonizzazione fiscale. Richiesta impossibile per la tempistica di questi diversi dossier.
Fin qui la mano di poker del governo. Che con lucida incoscienza o follia sembra non tenere conto del fatto che tutto questo rischia di portarci ad un pericoloso isolamento e ad una incurabile inaffidabilità. Il braccio di ferro con l’Europa sul Mes non ci garantisce di ottenere quello che vogliamo sul Patto di Stabilità (ad esempio lo scomputo dal deficit delle spese di difesa e transizione green e digitale) dossier su cui la discussione è ancora in corso. Anche qui, se non si arriva all’accordo entro la fine dell’anno, torneranno in vigore le vecchie regole che molti erano e sono ancora nefaste (tranne che per Giorgetti he le considera comunque migliori di quelle nuove). Ci sono ancora due settimane: un Ecofin straordinario è in calendario la settimana prossima a Bruxelles dove si terrà anche l’ultimo Consiglio europeo dell’anno. Si tratterà ad oltranza, comunque, fino al 31 dicembre. Nessuno ha prenotato vacanze. La partita, per l’Europa, è troppo importante. Ne va anche della sua capacità di essere protagonista nel nuovo ordine-disordine mondiale. È il principio dello scambio e del baratto che viene giudicato poco serio a Bruxelles. Ma è questa la dimensione scelta dal governo Meloni. Chi non è d’accordo – e ce ne sono tra Forza Italia e anche nella Lega – deve attenersi alla linea ufficiale.
In questo clima inizia il conto alla rovescia per l’approdo in aula al Senato della legge di bilancio. Dopo settimane di attesa sono arrivati i primi tre emendamenti del governo che modificano i capitoli relativi alle pensioni dei medici e del pubblico impiego, intervengono poi con uno stanziamento aggiuntivo per gli stipendi delle forze dell’ordine e, infine, con ulteriori fondi ai Comuni ed enti locali per i ristori rispetto alle modifiche dell’Irpef. Nelle modifiche introdotte dal governo si scoprono un giorno dopo l’altro una serie di “stranezze”. Per qualcuno vere e proprie provocazioni. Come l’emendamento che destina cento milioni in più per il comparto sicurezza, forze di polizia, forze armate e vigili del fuoco. Siamo tutti d’accordo che il comparto sicurezza debba essere sostenuto. Si nota però che questi soldi arrivano per metà (50 milioni) dal fondo destinato alle modifiche richieste dai gruppi parlamentari. Altri cinquanta sono stati presi dal Fondo accoglienza migranti e minori. In compenso in un altro decreto soprannominato Anticipi il governo ha rinunciato ad incassare 450 milioni esonerando le società energetiche dal pagamento dell’ultima rata di extraprofitti.
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