Il bail-in, e la relativa procedura di risoluzione per le banche in crisi, dovrà essere ampliato “anche alle banche di piccole e medie e dimensioni”, le cosiddette “Less Significant Institution”; sono queste le indicazioni dettate dall’Eurogruppo, il consesso dei ministri delle Finanze europei che si riunisce periodicamente per decidere sugli orientamenti economico-finanziari dell’Unione. Il problema è che, data la minore rilevanza delle obbligazioni tra le fonti di finanziamento delle piccole banche, tale ampliamento fa crescere in modo significativo il rischio secondo cui, in caso di crisi, i correntisti di questi istituti – con depositi oltre i 100mila Euro – possano subire perdite.

Ad aver lanciato l’avvertimento è stato il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nel corso dell’assemblea annuale dell’Abi dello scorso 8 luglio. Sull’esposizione delle banche italiane medio-piccole la Banca d’Italia aveva condotto stime preliminari che confermavano i rischi intravisti lo scorso anno dalla stessa Autorità bancaria europea (l’EBA) la quale aveva reso noto che, su 368 istituti europei analizzati, avrebbero potuto subire un bail-in – e quindi una perdita dei loro depositi – i correntisti di 283 banche (il 77%), con oltre 123 miliardi di euro di depositi colpiti. La normativa oggi in vigore ancora non offre strumenti efficaci per le banche medio-piccole, che restano escluse dall’ambito di applicazione delle risoluzioni. Al momento, quando le piccole banche entrano in crisi, sono destinate alla cd. “liquidazione atomistica, inadatta ad assicurarne un’ordinata uscita dal mercato”, aveva detto Visco, aggiungendo che per le banche medio piccole, “data la loro limitata capacità di collocare capitali, l’applicazione del bail-in anche nella misura minima dell’8% del complesso delle passività necessarie per accedere al Fondo unico di risoluzione, finirebbe per colpire i depositanti, oltre ai creditori senior”.

Il bail-in prevede l’internalizzazione delle perdite con lo scopo di non far ricadere il peso delle crisi bancarie e dei relativi salvataggi sui bilanci pubblici spostando i costi dai contribuenti agli investitori e, infine, ai creditori. Applicato alle banche più piccole, questo sistema risulterebbe piuttosto problematico perché il modello di business delle banche piccole e medie non è idoneo ad emettere sul mercato obbligazioni subordinate e quindi a costituire quelle riserve finanziarie capace di assorbire le perdite. Di conseguenza, per i correntisti di queste banche, il rischio che le perdite in caso di crisi possano essere fronteggiate anche tramite i normali conti correnti non garantiti (per importi oltre i 100mila euro) sarebbe notevolmente maggiore. La posizione dell’Italia al riguardo è molto chiara ed è stata ribadita dagli interventi di Visco e di Patuelli. Per il Presidente dell’Abi i salvataggi di banche in gravi difficoltà debbono essere preventivi, in modo da evitare maggiori rischi e costi. Ciò dovrebbe avvenire tramite l’intervento dei fondi bancari nazionali per la garanzia dei depositi, come è avvenuto in Italia fino al 2015 prima della “risoluzione” delle quattro banche, e come è tornato possibile dopo la “doppia conforme” sentenza del Tribunale e della Corte Ue che hanno dato ragione all’Italia riconoscendo la natura privata del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi. Il Governatore di Bankitalia è stato ancora più chiaro sul tema, affermando che l’applicazione del bail-in per le banche italiane Less Significant finirebbe per colpire i depositanti, oltre che i creditori senior, data la loro limitata capacità di collocare strumenti finanziari sul mercato dei capitali.

È allora di tutta evidenza – e le prese di posizione di Visco e Patuelli lo manifestano con forza – come si mostri necessario ed urgente definire un quadro di gestione delle crisi bancarie specificatamente concepito per le banche di piccole e medie dimensioni. Peraltro, il riconoscimento della problematica applicazione del bail-in per tali istituti investe l’intero sistema bancario e, in definitiva, l’economia nel suo complesso, poiché è necessario preservare la fiducia del pubblico nei confronti delle banche, così come si dimostra fondamentale preservare la biodiversità all’interno del sistema bancario europeo. Le banche del territorio, prevalentemente medie e piccole, sono state e sono tuttora fortemente impegnate nel sostenere le famiglie ed il tessuto economico locale, fatto di piccole e medie imprese, nel corso delle crisi succedutesi in questi anni. Si tratta di uno sforzo importante, che va ad aggiungersi a quelli compiuti nel recente passato per adeguarsi ai requisiti minimi prudenziali in tema di adeguatezza patrimoniale posti dall’accordo di Basilea 3. È bene allora, oltre che necessario, assicurare la necessaria duttilità regolamentare, che non significa indebolire le regole fin qui introdotte sul bail-in, ma semplicemente renderle più efficaci all’interno di un panorama bancario europeo che non è omogeneo, dove l’attività economica, soprattutto in questi anni, risulta estremamente fragile, difendendo quella biodiversità che si è dimostrato un prezioso fattore di stabilità e, in prospettiva, di crescita. La compattezza delle maggiori autorità creditizie italiane lascia ben sperare.