Un Recovery di guerra. Un fondo europeo con cui compensare la crisi energetica e di materie prime che sta piegando l’economia europea. E con cui finanziare, anche, i primi passi della Difesa comune dell’Unione. Emmanuel Macron e Mario Draghi, il padrone di casa e uno degli ospiti più “vicini” alla Francia, provano a cambiare l’ordine del giorno del vertice informale dei capi di Stato e di governo europei. Quanto meno ad allargarlo con un nuovo progetto di debito comune (o forse anche con una diversa destinazione dei fondi del Recovery plan).

Il vertice ospitato nelle meravigliosa reggia di Versailles è iniziato ieri alle 17 e 30 e andrà avanti oggi quando ci saranno le comunicazioni finali. Se il primo passo è stato fatto con la pandemia, il passo importante, quello che farà la differenza, può nascere dalla guerra. Se due anni fa l’Europa ha cessato di essere una associazione finanziaria e monetaria ed è arrivata a condividere un debito comune (il Next Generation Ue) per rialzare la testa davanti allo shock della pandemia, la brutale invasione dell’Ucraina da parte di Mosca può far scattare ben altri e diversi progetti comuni. La svolta può arrivare proprio a Versailles. Prima dell’avvio dei lavori, Draghi e Macron hanno avuto un faccia a faccia. «La risposta al dramma ucraino non può che essere europea – ha detto Draghi subito dopo l’incontro – quindi, anche per quanto riguarda il sostegno all’economia europea e all’economia italiana, la risposta dovrà essere europea e italiana. La mancanza di materie prime – ha spiegato – nel campo dell’energia, nell’agroalimentare, dell’acciaio, della ceramica e della carta è un problema italiano ma anche europeo». E la risposta alla famiglie e alle imprese deve essere rapida e compatta così come lo è stata contro la Russia».

Quella di Italia e Francia è una proposta articolata. Serve un piano per sviluppare l’autonomia strategica e far fronte ai circa 100 miliardi di investimenti – secondo le prime e parziali stime – di cui l’Ue potrebbe aver bisogno come conseguenza della guerra in Ucraina. La strada, tuttavia, è in salita. I leader europei arrivati nella reggia simbolo dell’Ancien Regime sono segnati da diverse sensibilità, con Olanda ma anche Germania a guidare il fronte di chi richiama tutti alla prudenza. Anche la Commissione europea, per ora, tentenna. L’ordine del giorno del vertice è ampio: dal sistema di difesa a una politica estera europea con tanto di confini chiari da tutelare, proteggere e onorare; e poi maggiore flessibilità nelle regole sull’asilo e sull’immigrazione; il Patto di stabilità e tutta una serie di regolamenti comunitari da rivedere nel quadro della guerra in Ucraina. Soprattutto la fragilità e debolezza dell’Europa sul fronte dell’energia e delle materie prime di fronte alla inaffidabilità russa. Un “vasto programma” avrebbe detto De Gaulle. La guerra ha dettato tre priorità al vertice: rafforzare le nostre capacità di difesa; ridurre la nostra dipendenza energetica, in particolare da gas, petrolio e carbone russi; costruire una base economica più solida. C’è un quarto tema, il più scivoloso di tutti: come rispondere alla richiesta dell’Ucraina di adesione alla Ue. È anche il primo dossier che è stato affrontato ieri sera. Insieme alle sanzioni.

Gli ospiti e le delegazioni sono arrivate alle 17 e 30. Dopo i saluti di rito, si sono messi subito al lavoro e la discussione è proseguita ben oltre l’orario della cena ufficiale. Sulle sanzioni che sono state e saranno sempre più “massicce” è stata esaminata la possibilità di un nuovo pacchetto (il quarto) con l’ampliamento delle liste nere sia di oligarchi che di società e gruppi imprenditoriali. Fin qui si registra la massima compattezza. Le divergenze vengono fuori sulla richiesta di adesione dell’Ucraina all’Ue: i paesi dell’Est e i baltici premono per una risposta politica che salti in un colpo tutti gli ostacoli giuridici e burocratici che impediscono un ingresso rapido nell’Unione di un paese candidato; Olanda, Germania e tutti gli altri paesi membri sono più cauti. In realtà i Ventisette hanno già adottato un fast track per l’Ucraina visto che hanno già dato l’ok alla richiesta di adesione chiarendo le condizioni che l’Ucraina dovrebbe soddisfare per ottenere lo status di candidato. Una settimana invece di otto mesi. Di più però ora è difficile fare.

Anche sull’energia, i Ventisette hanno posizioni diverse. Molto dipende dal diverso grado di vulnerabilità di ciascun paese a una eventuale chiusura dei rubinetti del gas russo. Per esempio, Finlandia e Lettonia dipendono dal gas russo per oltre il 90% dei loro consumi, la Bulgaria oltre il 75%, la Germania quasi al 50%, Italia e Polonia al 40%. Per tutti questi paesi, è già una grande sfida riuscire a ridurre questa dipendenza energetica di due terzi entro la fine dell’anno. Altri vorrebbero arrivarci anche subito, nonostante i grandi sacrifici che questo richiederebbe per le imprese e le famiglie nei paesi più dipendenti. Anche sull’estensione delle sanzioni ci sono posizioni diverse, sull’ esclusione della prima e della terza banca russe (Sberbank e Gazprombank) dal sistema Swift e sulla messa al bando delle navi russe dai porti europei. Il giorno del Recovery di guerra è oggi quando si parlerà appunto di dipendenza energetica e di materia prime. Sullo sfondo anche la revisione del Patto di Stabilità. Draghi lo ha detto chiaro l’altro giorno in Parlamento: «Occorre rivedere tutto ciò che, dal Patto di stabilità ai regolamenti comunitari in ambito agricolo ed energetico, oggi impedisce una risposta rapida all’emergenza».

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.