La crisi
“Se la Russia taglia il gas, in Italia razionamenti e black out”, l’allarme energetico per la guerra in Ucraina
Se la Russia dovesse tagliare il gas, in Italia si andrebbe con molte probabilità incontro a razionamenti, tagli alle erogazioni, black out della corrente elettrica. È quanto esposto da uno studio della Fondazione Eni-Enrico Mattei. Mosca ha minacciato di fermare infatti le forniture del gasdotto Nord Stream 1, secondo quanto riportato i media tedeschi. Sarebbe la risposta alle sanzioni imposte dall’Occidente per l’invasione dell’Ucraina.
Lo studio della Fondazione è stato elaborato utilizzando software di simulazione del mercato elettrico e del gas. È stato curato dai ricercatori Filippo Del Grosso, Ilaria Livi, Federico Pontoni ed Edoardo Somenzi. I calcoli condotti a partire da uno scenario critico con le forniture dalla Russia azzerate da ora alla fine del prossimo inverno. Dei 73,3 miliardi di metri cubi di gas consumati nel 2021 in Italia, circa il 40% arrivava dalla Russia. La ripartizione: 33,3 miliardi per usi civili, 25,9 per la generazione termoelettrica e 14,1 per usi industriali.
Secondo il report l’Italia potrebbe disporre nei prossimi tredici mesi di 58,4 miliardi di metri cubi di gas, quasi il 75% della domanda del 2021. Il megawattora potrebbe arrivare a costare anche fino a 100 euro in più. Come anticipato dal Presidente del Consiglio Mario Draghi, si prende in considerazione la riattivazione di alcune centrali a carbone e il pieno regime di due centrali. Considerando l’azzeramento delle importazioni dal Nord Europa, vista la crisi, mancherebbero comunque 18 miliardi di Smc di gas per raggiungere la media del fabbisogno degli ultimi anni.
Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha viaggiato nei giorni scorsi in Algeria e Qatar per stringere nuovi accordi per maggiori importazioni. E si potrebbe spingere per l’incremento della produzione nazionale. La Fondazione calcola comunque un ammanco di domanda per usi civili e industriali tra gli 8,9 e i 10,5 miliardi di Smc. Il calo della produzione causerebbe inevitabilmente a “una forte contrazione del Pil”. Il ricorso a fonti energetiche fortemente inquinanti farebbe parallelamente salire le emissioni dannose “di oltre 30 milioni di tonnellate” rispetto ai 67 milioni che si avrebbero se non ci fosse il blocco delle importazioni di gas russo.
La Fondazione ritiene che lo stop al gas russo “è un’eventualità da scongiurare con forza” perché potrebbe portare il governo a decidere razionamenti del gas, “distacchi programmati” che potrebbero comportare sia dei black out nella corrente elettrica sia tagli alle erogazioni di gas per uso industriale o per uso civile (riscaldamento e gas per cucinare).
Da venerdì scorso, inoltre, il prezzo della benzina ha raggiunto una media di 1,9 euro al litro nel self service per l’Osservaprezzi carburanti. E il rincaro potrebbe peggiorare. Quello del gasolio ha superato i 1,7 euro. Oltre al conflitto in Ucraina, concorrono agli aumenti l’andamento del prezzo del Brent, il petrolio estratto nel Mare del Nord che fa da riferimento alla maggior parte dei prezzi mondiali, che sfiora i 140 dollari. Al momento la questione del petrolio, almeno per l’Italia, sembra secondaria rispetto a quella del gas. Dalla Russia arriva il 10% del greggio importato. Lo corso anno l’Italia si è rifornita da 22 Paesi, con 72 tipi di greggio”.
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