“La Resistenza fu anzitutto rivolta morale di patrioti contro il fascismo per il riscatto nazionale”. Se qualcuno aveva intenzione di annacquare il senso della giornata che celebra la Liberazione, ci ha pensato il Presidente della Repubblica a rinsaldare i paletti della storia che presidiano le fondamenta stesse della civiltà democratica. Un discorso politicamente denso e istituzionalmente blindato, quello che Sergio Mattarella ha tenuto ieri a Cuneo. Alla città medaglia d’oro della Resistenza è arrivato dopo una cerimonia all’Altare della Patria in cui ha incrociato i sorrisi d’ordinanza del ministro della difesa Guido Crosetto, dei presidenti di Camera e Senato, della Presidente del consiglio.

Giorgia Meloni ha provato a stare nella parte, dopo aver affidato il suo pensiero a una lettera al Corriere della Sera. Ignazio La Russa, abbonato agli inciampi istituzionali, ha preso subito la via dell’aeroporto per volare a Praga. Il senso dell’ennesima provocazione di La Russa, lo spiega bene il sindaco di Firenze, il dem Dario Nardella. Il primo cittadino fiorentino compare davanti agli schermi de La7 suonando Bella Ciao con il suo violino, ma non è incline alle sviolinate: “La visita al monumento di Jan Palach del presidente del Senato La Russa rientra nel discorso secondo cui, nel momento in cui si mette l’accento sui valori della resistenza in Italia bisogna poi aggiungere sempre un altro elemento, come per bilanciare quello che si sostiene, come nell’esempio sulle foibe che troviamo nella lettera di Meloni”.

La Presidente del Consiglio aveva scelto il Corriere della Sera come apripista della sua missione ecumenica, puntellata di buone intenzioni e di riferimenti più vaghi. Nella premessa la premier avverte di aver ben chiaro come “questa ricorrenza (sia) un momento di ritrovata concordia nazionale nel quale la celebrazione della nostra ritrovata libertà ci aiuti a comprendere e rafforzare il ruolo dell’Italia nel mondo come imprescindibile baluardo di democrazia” e poi prova a divincolarsi dall’audax quaestio del dirsi antifascista: “i partiti che rappresentano la destra in Parlamento hanno dichiarato la loro incompatibilità con qualsiasi nostalgia del fascismo”. Non dice siamo antifascisti, no. Non ancora. Come direbbe La Russa: “La parola antifascismo non c’è”. Dice che i partiti di destra sono incompatibili con la nostalgia di quel periodo. È già qualcosa? Lo sarebbe se fosse legato al presente, perché – lo ha ricordato Elly Schlein, dal corteo del 25 aprile di Milano – “l’antifascismo non è legato al giudizio sul passato ma al presente, al futuro”. E poi Giorgia Meloni che affida a una lettera al direttore – firmata da lei sola – compie con questo un atto politico a nome di una comunità o un beau geste di natura personale? Martin Schulz, ex presidente del Parlamento europeo, ha una risposta netta.

“Giorgia Meloni a differenza di Gianfranco Fini sa che una parte dei suoi sostenitori non ammettono l’antifascismo”. E affonda: “Una donna che pretende di guidare un Paese del G7, una delle più grandi nazioni industrializzate del mondo, una pietra miliare dell’Unione Europea, e che non prende le distanze dal fascismo, per me perde ogni credibilità”. E lo dice chiaro e tondo il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo, parlando da Piazza Duomo: “Gravissimo che in quella lettera, che doveva servire a fare chiarezza, non è riuscita a inserire la parola antifascismo”. Davanti a centomila persone che hanno sfilato per quattro ore a Milano, anche il sindaco Beppe Sala ha usato toni diretti: “Credo che in particolare Meloni, riferimento di tutti noi italiani, dovrebbe non scrivere lettere ma metterci la faccia per esprimere con la sua voce e il suo volto questa convinzione antifascista”. Analoga l’analisi di Bobo Craxi, anche lui al corteo milanese: “Meloni pensava di stupire parlando di festa della libertà, in realtà come si capisce è una lettera sulla difensiva, perché ha capito che un problema esiste. Difficile – per fortuna – estirpare l’antifascismo dal processo democratico, perché l’antifascismo è una clausola di salvaguardia per il futuro. Non è un’arma che si usa per ragioni strumentali, ma per ragioni strutturali della democrazia. Meloni deve farci i conti”, dichiara l’esponente socialista.

La grande novità di quest’anno al corteo è senza dubbio Elly Schlein. “Scortata” da Pierluigi Majorino, insieme a una vasta presenza del Pd, è stata corteggiatissima, fotografata, applaudita. “Questa è la Festa della Liberazione: è il giorno in cui dobbiamo onorare la memoria dei tanti e delle tante che hanno sacrificato la propria vita per poter ottenere la libertà del nostro Paese e poter dare vita grazie alla Resistenza antifascista a quella che oggi è la Costituzione della nostra Repubblica. È il giorno in cui dobbiamo ricordare e non dare per scontato ciò che abbiamo ottenuto: la nostra Costituzione, i suoi principi di libertà e di democrazia”, ha incalzato. Con lo sguardo all’agenda politica del governo, alle attività in Parlamento. “Quella paura di futuro che c’era nel regime nazifascista oggi assume veste nuova e chiama noi tutti delle istituzioni in politica ad un impegno quotidiano. Noi ci concentreremo ogni giorno per portare avanti la battaglia per il diritto alla salute, allo studio e per un lavoro dignitoso – ha proseguito -. Queste sono le cose che oggi rischiano di minacciare il futuro delle nuove generazioni. La Memoria che oggi onoriamo diventi un impegno quotidiano per contrastare le diseguaglianze”. Insomma: “Il 25 aprile non parla di passato ma di futuro”, ha concluso la segretaria Pd.

Anche a Roma il corteo tradizionale di Porta San Paolo è stato partecipato. Molti applausi per Maurizio Landini: “È stato il movimento operaio dei lavoratori e delle lavoratrici, in questo Paese, che ha difeso democrazia e Costituzione. Non abbiamo mai guardato in faccia a nessuno, o a chi c’era in faccia al Governo. L’abbiamo fatto con Berlusconi e Renzi quando volevano cambiare la Costituzione. Lo dico in maniera esplicita, qualsiasi tentativo di dividere il Paese ulteriormente, come l’autonomia differenziata, noi lo dobbiamo contrastare perché non va nell’interesse del Paese e della nazione. Siamo già abbastanza divisi e frantumati”, ha concluso il segretario generale della Cgil. Ma altre piazze hanno ravvivato l’idea che il 25 aprile non sia una celebrazione storica ma una festa di democrazia viva e vegeta: altre migliaia di manifestanti si sono dati appuntamento a piazza del Pantheon. “Oggi è una giornata in cui bisogna guardare indietro per guardare avanti. La memoria è un valore da coltivare per costruire le basi di una democrazia compiuta e credo che anche il richiamo alla vicenda Ucraina di questa piazza la proietti in una dimensione internazionale ed europea”, ha detto Pier Ferdinando Casini, nel corso di una manifestazione “terzopolista”, a piazza del Pantheon.

Il titolo era ‘Ieri, oggi, domani. Resistenza.  Con il popolo ucraino contro il fascismo di Putin’, organizzata da Più Europa con le associazioni partigiane e la comunità ucraina. Presenti anche Carlo Calenda, Emma Bonino, Riccardo Magi, Benedetto della Vedova, Maria Elena Boschi. Il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ha reso omaggio a Forte Bravetta insieme con il presidente del Municipio, Elio Tomassetti. Manifestazioni a Genova, a Bologna. Il ministro Gennaro Sangiuliano era invece a Napoli dove ha reso omaggio al monumento a Salvo D’Aquisto. Nel capoluogo campano qualche polemica per la comparsa di manifestini con le foto – tutte sorridenti – di Meloni, La Russa, Valditara e Piantedosi. Stampati però capovolti, con un riferimento all’impiccagione a testa in giù di Mussolini a Piazzale Loreto. Proteste del centrodestra, solidarietà generale. La Liberazione non si è ancora liberata da inciampi e incidenti.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.