Gli atleti russi alle Olimpiadi di Tokyo 2020 competono con la sigla Roc e in caso di premiazioni non viene suonato l’inno russo. Perché? Per via della squalifica della Russia a causa del doping. La sigla Roc è insomma un escamotage. È l’acronimo di Russian Olympic Committee. Quando la Russia raggiunge una medaglia invece dell’inno nazionale suona un frammento del Concerto per pianoforte n. 1 del compositore Pyotr Ilyich Tchaikovsky.

Gli atleti russi ai giochi di Tokyo 2020 – ma che si giocano in questi giorni fino all’8 agosto per via del rinvio causato dalla pandemia da coronavirus – sono in tutto 335 – la delegazione più piccola della storia della Russia dalla caduta dell’Unione Sovietica. Non mostrano la bandiera né ascoltano l’inno alle premiazioni né competono sotto il nome del loro Paese perché un’inchiesta dell’Agenzia mondiale anti-doping ha svelato un sistema di doping, messo in atto dal 2011 al 2015, incoraggiato dallo stato secondo le accuse.

La Federazione era stata condannata a quattro anni di “assenza” dalle competizioni sportive internazionali. La Wada, Agenzia Mondiale Antidoping, ha certificato centinaia di casi tra gli atleti russi alle Olimpiadi invernali di Sochi nel 2014 e i Giochi di Londra 2012. Dopo l’esplosione dello scandalo gli sportivi russi sono stati banditi prima ai Giochi di Rio del 2016 che a quelli invernali di Pyeonchang nel 2018. Alla competizione in Corea del Sud gli atleti non coinvolti nello scandalo hanno gareggiato sotto una bandiera neutrale. A Tokyo il kit ufficiale della delegazione non presenta la bandiera russa ma ha i colori della bandiera.

La condanna alla Russia è arrivata nel 2019 ed è stata dimezzata a due anni dalla Corte di arbitrato per lo sport. A spiegare il sistema del “doping di Stato”, come venne definito, è stato Grigory Rodchenkov, ex capo del laboratorio antidoping russo di Mosca; sistema che è stato raccontato anche nel documentario Icarus, Premio Oscar nel 2017. Adesso Rodchenkov vive in una località segreta negli Stati Uniti.

Solo all’inizio di luglio il Comitato Russo ha sospeso due canottieri risultati positivi ai test, così come due nuotatori sono stati sospesi per aver violato delle norme anti-doping salvo poi essere autorizzati a competere ai Giochi alla Corte di Arbitrato per lo sport. La Russia, sia i funzionari olimpici che il governo di Vladimir Putin hanno riconosciuto i casi di doping ma respinto la teoria del “doping di Stato”.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.