Caro Direttore, per quanto si possa fingere di non vedere e non sapere la realtà, prima o poi, ci presenta il conto. Un conto pagato in vite umane spezzate per sempre, come nel caso dei poveri ragazzi sudanesi mitragliati e uccisi mentre tentavano la fuga dalle prigioni libiche; un conto pagato dai seimila e cinquecento migranti – tra i quali moltissime donne e bambini – che dall’inizio di quest’anno, con il nostro decisivo contributo logistico ed economico, sono stati riconsegnati ai propri aguzzini. Sono tra quei parlamentari che si sono rifiutati di votare il rifinanziamento della nostra missione militare in Libia che, come sappiamo, consiste ormai nel coprire le malefatte della cosiddetta “Guardia Costiera” del martoriato Paese nord africano. Non ho votato quel provvedimento perché ritengo moralmente indegno che con i nostri mezzi navali e con i nostri soldi, si dia sostegno a chi cattura in mare e riporta nei lager sulla terra ferma i migranti che riescono a sfuggire alle violenze ed alle torture cui sono sottoposti.

I reportage di un coraggioso giornalista come Nello Scavo, attualmente sotto scorta per le puntuali e documentate denunce pubblicate su Avvenire, come i tuoi pezzi su Il Riformista, hanno ampiamente documentato le condizioni di vita disumane ed i loschi traffici di esseri umani perpetrati dalle bande libiche assoldate dal nostro Governo sin dalla precedente legislatura. Gentiloni e Minniti prima, Conte e Salvini/Lamorgese, ora, si sono adeguati alle stesse regole d’ingaggio che, nel XVI secolo, Elisabetta I d’Inghilterra aveva stabilito per i “Sea Dogs”, i “cani del mare”, cioè i corsari, dediti alla tratta degli schiavi per conto di una regina che non esitò a promuoverli “Lord” e a farne, come nel caso di Francis Drake, veri e propri eroi nazionali. Ma almeno Elisabetta aveva lo scopo di contrastare l’immenso potere della flotta ispanica nel Mediterraneo; noi abbiamo in mente soltanto il vantaggio elettorale che una politica muscolare sull’immigrazione può dare, in termini elettorali, nel breve periodo.

“Sul lungo periodo”, invece, come diceva Keynes, “siamo tutti morti” perché è del tutto evidente che sostenere i criminali libici nella loro attività di carcerieri senza scrupoli o inviare i nostri militari in Sicilia per impedire la fuga dei migranti stipati all’inverosimile in strutture che ne potrebbero accogliere dieci volte di meno, sia soltanto un palliativo oltre che un atto di cinismo politico che umilia il Parlamento molto di più di qualsiasi “spoliazione” di ruolo fatta in nome della “emergenza”. Ci sfugge completamente, infatti, la complessità di ciò che sta accadendo nel “nostro” mare; e così, mentre pensiamo a lucrare qualche voto sulla paura della gente, Egitto, Russia e buon ultima la Turchia, stanno spostando a loro favore gli equilibri geo politici in un’area decisiva per la nostra sicurezza e per i nostri interessi economici. Ma questo non sembra preoccuparci quanto le “fughe di massa” dei migranti da Caltanissetta; figuriamoci poi se qualcuno si domanda da cosa scappano, per quale motivo rischiano la vita loro e dei propri figli o dove mai possono voler andare persone di madrelingua francese come i tanti che stanno fuggendo dalla Tunisia.

Però ci indigniamo e mobilitiamo, parlo di una certa destra quantomeno giornalistica, per la libertà di “M49”, alias “Papillon”, il simpatico orso che si beffa regolarmente delle gabbie in cui, a Trento, cerca senza fortuna di costringerlo il Corpo Forestale. Ma forse c’è di più e persino di peggio; mi riferisco al tentativo di “negare” l’esistenza di un’emergenza sanitaria ancora non del tutto risolta in Italia, per inneggiare alla libertà dalla mascherina e da ogni altra “costrizione” dettata dal buon senso, che abbiamo visto andare in scena l’altro ieri al Senato nel convegno organizzato da Vittorio Sgarbi. Stiamo attenti al vero messaggio che quella ridicola messa in scena “negazionista” sottende: gli italiani sono “fuori pericolo” (lascia stare, poi, i vari focolai che investono financo gli alpeggi, luoghi difficilmente frequentati dagli africani in fuga dalle carestie e dalle violenze o, semplicemente , alla ricerca di una vita migliore): oggi il “rischio” vero arriva da fuori, dagli immigrati, i nuovi “untori” contro i quali presto si scateneranno le nuove campagne sovraniste. Stiamo per scendere un altro gradino, forse irreversibile, nel precipizio dove abbiamo gettato la nostra millenaria civiltà e, dopo questo, come per Macbeth dopo il primo delitto, “non vi sarà più nulla di serio” e il “vino della vita” sarà “spillato” per sempre.