Nuovi crediti deteriorati per oltre 1.400 miliardi quale effetto del drastico peggioramento della situazione congiunturale in Europa. Con un crollo del Pil che nell’aera Euro si prevede, per il 2020, del 7,7%, non potrà essere diversamente. In Italia, la contrazione del Pil sarà del 9,9% e si stima che sommando sofferenze e Utp ancora presenti nei bilanci delle banche, si arriverà a fine 2020 a 338 miliardi di euro di crediti deteriorati (+5% rispetto al 2019) e a 385 miliardi nel 2021. Sarà forse in seguito a questa previsione e alle circostanze eccezionali della pandemia che ieri l’Eba ha comunicato la proroga, al 31 marzo 2021, dell’entrata in vigore delle norme “ante Covid” promosse dalla stessa Vigilanza europea per ottenere un crescente rigore nella classificazione dei crediti rendendone automatica la classificazione in default, con impatti importanti sulla redditività delle banche.

È evidente che l’azione congiunta della crisi pandemica, che determinerà in via esogena una forte crescita degli Npl, e dell’entrata a regime di queste norme più rigorose avrebbe indotto, a partire dal 1° gennaio, una vera e propria “tempesta perfetta”, con effetti destabilizzanti per il sistema creditizio dell’intera Unione Europea. In tale contesto, peraltro, si registra l’invito pressante delle autorità centrali affinché le banche si rendano disponibili a sostenere le imprese e, allo stesso tempo, provvedano al rapido assorbimento delle future sofferenze anche attraverso una rete transnazionale di bad bank coordinate.

Lo stesso presidente della Vigilanza, solo pochi giorni fa, aveva lanciato un appello affinché «le banche rendano, caso per caso, il debito sostenibile per le aziende, evitando che i piani di restituzione troppo onerosi rischino di avviare una spirale di fallimenti che sarebbe ben più deleteria per le casse degli stessi istituti di credito». Su tali premesse il Governo italiano, da parte sua, aveva emanato – grazie anche al superamento del vincolo comunitario sugli aiuti di Stato – una serie di provvedimenti – tra cui il Decreto Cura Italia e il Decreto Liquidità – che hanno disposto misure urgenti per il sostegno economico e l’accesso al credito in favore di famiglie, lavoratori e imprese, con ciò richiedendo il forte impegno delle banche, gravato ulteriormente da condizioni operative rese difficili dal “remote working”.

Ben venga, dunque, la proroga delle misure comunicata ieri dall’Eba, che fa tesoro delle preoccupazioni del settore, rese esplicite dal direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini, per il quale gli automatismi presenti nelle nuove regole sui crediti deteriorati possono amplificare la crisi delle imprese e indurre quella delle banche. La nuova definizione di default, rinviata di tre mesi, crea infatti, anche secondo l’Abi, «una serie di automatismi che, combinati con il meccanismo del “calendar provisioning”, renderanno realmente critica la situazione». Nonostante questa ulteriore proroga, tuttavia, il problema rimane aperto, seppur rinviato.

Si pone, infatti, l’interrogativo su cosa accadrà, a partire dal 1° aprile, soprattutto alle banche del territorio e in particolare alle banche popolari che con azione meritoria hanno risposto efficacemente nel dare supporto e credito alle piccole imprese, colonna portante dell’economia italiana, sostenendo uno sforzo inusitato, ripagato, tra l’altro, da rendimenti imposti spesso insufficienti rispetto alle attività di istruttoria e gestione esercitate al riguardo. Bene fa, dunque, il Sottosegretario del Mef Villarosa a porre il problema: se le nuove regole sui crediti deteriorati dovessero entrare in vigore senza contemplare un periodo transitorio post emergenza Covid, le stesse potrebbero avere effetti devastanti per la stabilità del sistema bancario.

Villarosa coglie perfettamente il problema quando afferma che «servirebbe anche una duplice regolamentazione con una previsione “soft” per le banche popolari e di credito cooperativo, più orientate alle Pmi che oggi sono maggiormente colpite dalla crisi». Il tema si pone prepotentemente. Il compito delle banche ai fini della ripresa del sistema economico e produttivo, potrà rendersi efficace soltanto in un quadro normativo proporzionale e sostenibile per tutti gli intermediari.