È ancora necessario il blocco dei dividendi per le banche? O forse inizia a essere controproducente per la tenuta del sistema bancario e, di conseguenza, di quello economico? Il Presidente dell’Associazione Bancaria Italiana, Antonio Patuelli, è recentemente tornato ad affrontare il problema della raccomandazione della BCE avanzata nei confronti di tutte le banche europee, senza distinzione alcuna, di bloccare la distribuzione dei dividendi sui titoli bancari anche per l’esercizio 2020. La misura era necessaria per l’esercizio dello scorso anno dinanzi ai rischi, allora non ben definiti ma certamente immaginabili, che il diffondersi della pandemia avrebbe prodotto all’economia.

Raccomandazione, quella della BCE, di mettere da parte risorse patrimoniali per fronteggiare la tempesta in arrivo con il suo ingente carico di crediti deteriorati. È vero che la disposizione è posta in forma di raccomandazione e, come tale, ogni banca potrebbe teoricamente disattenderla motivando dettagliatamente le proprie ragioni, ma è pur vero che questo tipo di raccomandazioni hanno forza di moral suasion da parte dell’autorità di vigilanza che è sempre “opportuno” rispettare. Ora, è del tutto evidente che, se la limitazione può essere compresa, spiegata e tollerata in una situazione emergenziale e, dunque, temporalmente delimitata, diventa difficile motivarla e giustificarla quando si protrae per un periodo imprecisato assumendo, di fatto, carattere di stabilità seppur non dichiarato. Come ha giustamente rilevato il Presidente dell’ABI, le banche «sono tutte diverse e in concorrenza tra loro» e per questo andrebbero valutate distintamente, come tra l’altro vorrebbe il buon senso oltre alla tanto invocata tutela di ogni biodiversità.

Il risultato che invece produce la rigidità di una ‘forte raccomandazione erga omnes’, mettendo sullo stesso piano diverse banche con diverse problematiche, si configura in un danno per il sistema bancario e, in definitiva, per l’economia del Paese. Il danno è ancor più evidente per le banche con capitale diffuso, come le cooperative e le banche popolari, alle quali viene chiesta e pretesa una salda patrimonializzazione proprio mentre le si priva del principale strumento che hanno a disposizione per risultare attrattive nel richiedere capitale aggiuntivo al mercato.

In questa nuova fase, pertanto, sarebbe forse più opportuno che la raccomandazione stringente della BCE fosse tramutata in vera facoltà. Ogni banca dovrebbe avere l’opportunità di procedere o meno alla distribuzione degli utili in base alla propria solidità patrimoniale e alle prospettive di reddito, tenendo nel giusto conto gli interessi dell’istituto e dei soci azionisti. Non si comprende infatti perché una banca solida, ben patrimonializzata e con i conti in ordine non possa regolarmente soddisfare le giuste aspettative della propria compagine sociale. È auspicabile – come chiede anche Patuelli – non dimenticare mai che le banche sono imprese di natura privata e come tali operano in un mercato di libera concorrenza. Tale natura non può essere distorta se non a discapito dei risparmiatori le cui legittime aspettative, una volta disattese o scoraggiate, produrrebbero danni all’intero sistema bancario e a quello economico.