Arrestato a Kiev un gruppo che pianificava una sommossa
Crisi Ucraina, Johnson minaccia sanzioni per nascondere il ‘partygate’: Mosca trova sponda dalla Cina
Trattative e minacce sulla crisi ai confini dell’Ucraina hanno portato a una sola consapevolezza: nessuno desidera combattere la guerra. Non lo vuole la Nato, che solo ieri ha chiarito che in caso di invasione russa, non invierà truppe a sostegno dell’Ucraina, ma fornirà attrezzature e armi difensive ai peasi dell’Alleanza.
“Gli alleati della Nato hanno addestratori lì”, danno aiuto per la modernizzazione delle difese, “forniscono attrezzature, armi difensive. Facciamo un sacco di cose per aiutare l’Ucraina a rafforzare la propria capacità di difesa. Ma l’Ucraina non è un alleato Nato”. E’ un evidente passo indietro, quello del Segretario generale dell’Alleanza Jens Stoltenberg, che nelle scorse settimane aveva alimentato la possibilità di gravi conseguenze di fronte all’ipotesi di un conflitto militare. Stoltenberg, in un’intervista alla Bbc, fa comunque trapelare l’ipotesi che un attacco a un paese alleato innescherà la risposta dall’intera alleanza: “questo si applica agli alleati Nato, non a un partner stretto e di valore”, ha spiegato Stoltenberg con chiaro riferimento all’Ucraina.
Le parole del Segretario generale della Nato stridono con gli ultimi allarmi lanciati dal Pentagono, che denuncia un ulteriore aumento del numero di truppe russe al confine dell’Ucraina durante questo fine settimana. L’allerta statunitense non è sfuggita ai radar ucraini. Il ministro degli Esteri di Kiev Dmytro Kuleba, attraverso un messaggio su Twitter, ha invitato la Russia a “continuare l’impegno diplomatico e ritirare le forze militari che ha accumulato lungo i confini dell’Ucraina e nei territori temporaneamente occupati”.
Ma da Mosca ribascono la volontà di non attaccare Kiev, rilanciando l’esigenza di relazioni “rispettose” con Washington. Per il Cremlino sono cruciali le garanzie che dovrebbero arrivare da Usa e Nato. “Vogliamo relazioni buone, giuste, rispettose e uguali con gli Stati Uniti, come con qualsiasi altro Paese al mondo”, ha detto il ministro degli Esteri russo Serghej Lavrov in un’intervista trasmessa dalla televisione locale, sottolineando tuttavia che la Russia “non vuole rimanere in una posizione in cui la (sua) sicurezza viene regolarmente violata”.
Ma non sono mancati i riferimenti all’allargamento dell’Alleanza atlantica a est. Lavrov ha ricordato che “ogni volta, si scopre che la linea che i paesi della Nato devono difendere si sposta più a est” e “ora si è già avvicinata all’Ucraina”. Il ministro degli Esteri russo ha infine annunciato che Mosca invierà presto ai Paesi della Nato e all’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Osce) “una richiesta ufficiale esortandoli a specificare come intendono attuare il loro impegno a non rafforzare la loro sicurezza a scapito di quella della altri”.
Nel gioco di comunicazioni e accordi mancati il paese chi si espone maggiormente dal punto di vista militare è la Gran Bretagna, pronta a offrire il raddoppio di circa 1.150 soldati britannici attualmente presenti nei Paesi dell’Europa orientale. Tuttavia, per la titolare della diplomazia di Londra, Liz Truss, esiste una concreta minaccia che la Russia invada l’Ucraina, ma è “molto improbabile” che i soldati britannici vengano schierati per combattere in qualsiasi conflitto.
Il governo britannico di Boris Johnson, paralizzato dallo scandalo del ‘Partygate’, vuole incanalare l’attenzione sulla crisi Ucraina. Londra infatti mira a rafforzare il suo sistema sanzionatorio in modo che gli oligarchi vicini al Cremlino non abbiano “un posto dove nascondersi”. Il Regno Unito sta infatti preparando una legge per il congelamento dei beni di società e cittadini russi di importanza strategica nel sistema di potere moscovita, da attivare in caso di invasione russa dell’Ucraina. La norma, come reso noto dalla ministra Truss, dovrebbe essere pronta oggi e prevederebbe la confisca dei beni di “oligarchi russi” nella capitale britannica e la revoca dei visti emessi a favore dei dirigenti delle aziende russe.
La mossa legislativa britannica ha fatto alzare i toni dell’offensiva diplomatica russa. La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, sul proprio canale Telegram, ha invitato la responsabile della diplomazia estera britanica a “studiare l’elenco dei funzionari corrotti che la Russia aveva precedentemente chiesto di estradare dal Regno Unito”, invece di concentrarsi sull’inasprimento del regime sanzionatorio contro la Russia. Il Cremlino è però pronto a una ritorsione se il governo britannico dovesse dare seguito nei prossimi giorni alla minaccia di imporre sanzioni contro le aziende russe.
Non solo Londra. Mosca sta osservando attentamente anche quanto accade durante la riunione odierna del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, convocata per discutere, per la prima volta, della concentrazione di truppe russe al confine con l’Ucraina e delle azioni minacciose di Mosca contro Kiev, su richiesta degli Stati Uniti. Tutti gli attori chiave dovrebbero confrontarsi pubblicamente sulla possibilità di un’invasione russa e del suo impatto globale.
Mosca però si oppone alla riunione perché, ha affermato il vice ambasciatore russo alle Nazioni Unite Dmitry Polyansky, si tratterebbe di una discussione basata su “ipotesi infondate” di un attacco russo. La Russia potrebbe quindi iniziare l’incontro chiedendo un voto procedurale sull’opportunità di proseguire l’incontro. Per bloccarlo Mosca avrebbe bisogno del sostegno di nove dei 15 membri. E la Russia non si muove da sola: al suo fianco c’è l’alleata Cina. L’ambasciatore cinese alle Nazioni Unite Zhang Jun ha detto che Pechino sostiene Mosca nell’opporsi a una riunione del consiglio, spingendo invece sulla via diplomatica. “La Russia ha detto chiaramente che non ha intenzione di fare una guerra” e il Consiglio di sicurezza dovrebbe “aiutare a ridurre le tensioni invece di aggiungere benzina al fuoco”, ha detto ancora Zhang respingendo le accuse mosse dall’Occidente e dagli Usa.
Un alto funzionario dell’amministrazione Biden ha tuttavia affermato che gli Stati Uniti sono in contatto regolare con i membri del Consiglio e che è “fiducioso” che ci sia un “supporto più che sufficiente” per tenere la riunione.
La situazione in Ucraina resta tesa. Questa mattina le forze di sicurezza ucraine hanno arrestato un gruppo di persone che, secondo Kiev, preparavano una sommossa nella capitale. Le autorità stanno lavorando per individuare “i mandanti e i beneficiari”, in particolare per stabilire se vi sia un legame con i servizi russi. Secondo il ministro dell’Interno Denys Monastyrsky erano state preparate manifestazioni di piazza a Kiev durante le quali sarebbero dovuti scoppiare disordini “per destabilizzare la situazione”. Iniziative analoghe erano state preparate in altre città, nelle regioni di Sumy, Chernihiv, Cherkasy e Poltava.
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