L’ennesima scelta politica priva di un senso logico e che mira esclusivamente a demonizzare lo Stato ebraico. Mercoledì il Consiglio comunale di Napoli ha approvato all’unanimità una mozione che impegna il sindaco, Gaetano Manfredi, e l’Amministrazione «a rescindere ogni collaborazione istituzionale con Enti, associazioni e istituzioni israeliane che siano espressione diretta dell’attuale governo israeliano nei diversi settori di competenza delle politiche amministrative cittadine e a privilegiare rapporti di collaborazione con organizzazioni non governative israeliane attive nel pacifismo».

Un testo, dunque, volto a sostenere la pace, anche se tra le righe non risulta esserci nemmeno un minimo accenno agli ostaggi rapiti da Hamas nel pogrom del 7 ottobre – il momento stesso in cui la pace è venuta a mancare – e che sono ancora tenuti prigionieri a Gaza da quasi due anni. In una nota, la Comunità ebraica di Napoli ha definito l’approvazione della mozione «un segnale estremamente negativo e inquietante per la convivenza pacifica, il rispetto e il dialogo tra i popoli e le varie identità presenti nella nostra città», mostrando tutto il suo dissenso.

Questo non è il primo caso di un Comune che rescinde la collaborazione con Israele: è solo l’ultimo episodio di un effetto domino partito dal Consiglio comunale di Bari, che lo scorso 29 maggio ha approvato una mozione per dichiarare non più gradita la presenza dello Stato di Israele nelle prossime edizioni della Fiera del Levante e nei saloni specializzati, fino alla fine della guerra a Gaza. Ancora più eclatante è stata la scelta del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, che ha interrotto ogni rapporto di qualunque natura con i rappresentanti del governo israeliano, parlando di «genocidio di inermi palestinesi in atto da parte del governo Netanyahu» e sostenendo che tantissimi israeliani e gli ebrei di tutto il mondo vogliono che il massacro cessi.

In realtà, il presidente sembra ignorare che i «tantissimi» ebrei d’Israele e della diaspora vorrebbero solo vivere in pace e sicurezza, senza l’antisemitismo che politiche di questo tipo alimentano di continuo. Un epilogo simile si è avuto anche in Emilia-Romagna, dove il presidente Michele De Pascale ha sospeso i rapporti istituzionali con «il governo israeliano e con tutti i soggetti riconducibili al governo che non siano apertamente e dichiaratamente motivati dalla volontà di porre fine al massacro in corso, fino a che il rispetto del diritto internazionale non venga ripristinato», a seguito di provvedimenti analoghi già presi dai Comuni di Rimini e Bologna. Sì, proprio il Comune di Bologna, quel Comune che con le sue politiche antisraeliane ha fomentato una violenza tale da assaltare la sinagoga di Bologna lo scorso gennaio. Questo virus di accanimento istituzionale contro Israele è arrivato persino in Toscana, nel comune di Sesto Fiorentino, dove oltre alle relazioni istituzionali e commerciali, per la prima volta nel Paese sono stati boicottati prodotti farmaceutici israeliani come parafarmaci, farmaci da banco e attrezzature mediche.

In questo boicottaggio rientra anche la grande azienda farmaceutica israeliana Teva Pharmaceutical Industries, che produce grandi quantità di farmaci innovativi e spesso utilizzati per malattie croniche nella nostra sanità. Un danno che sicuramente non piegherà Israele, ma che potrebbe avere delle ripercussioni sui nostri concittadini che vivono grazie a questi farmaci. Un caso, dunque, che riflette l’incoerenza della politica anti-israeliana.

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Ruben Caivano, studente al terzo anno del corso di laurea in Scienze Politiche e Studi Europei. Appassionato di attualità, relazioni internazionali e integrazione europea, guardo alla storia del secolo scorso come una chiave di lettura fondamentale per comprendere gli eventi di oggi.