Che proprio diventasse una statista, no, non ci avevamo creduto. Ma che assumesse in modo deciso uno standing da grande paese europeo, quale l’Italia è o dovrebbe essere: sì, confessiamo, lo avevamo sperato. Le sue prese di posizione sulla politica estera, la indefettibile postura atlantica, l’evidente corteggiamento a Ursula von der Leyen, il feeling con Biden. Molte cose facevano pensare che Giorgia Meloni abbandonasse l’ingombrante identità del suo passato da Colle Oppio – non soltanto il folklore di fiamma e saluti romani, ma soprattutto l’antieuropeismo sovranista alla Orban – per cercarsi un più soddisfacente ruolo nel campo del conservatorismo europeo.

Tutto sembrava andare in questa direzione. E invece no, come non detto: la nostra premier ha innescato la marcia indietro, andando sul palco di Vox – la destra spagnola – a ripetere l’exploit di prima delle elezioni, un evento che sembrava dimenticato per sempre. Come spiegare questo brusco mutamento di rotta? È vero che, purtroppo, le elezioni europee da noi – e non solo per la Meloni – sono solo elezioni italiane.

Ma è possibile che per inseguire un po’ di voti della Lega la nostra presidente del Consiglio rischi l’isolamento in Europa? Si aspetta un risultato della destra più positivo di quello che tutti in Europa si aspettano? Difficile rispondere. Forse l’operazione è più complessa: tentare, anche con l’alleanza con Marine Le Pen (che a sua volta ha rotto con Afd) di spingere a destra il partito popolare europeo. Una scommessa rischiosa. Di certo questi movimenti, apparentemente inconsulti, confermano quanto la prossima scadenza elettorale europea sia importante per tutto il quadro politico del continente, compresi quelli delle singole nazioni. E fanno sospettare un certo nervosismo da parte della nostra premier a proposito dei risultati suoi e del campo conservatore in generale.

Molti, nel campo progressista, saranno contenti, pensando che il vero animo di Giorgia Meloni è venuto fuori. Ma sarebbe una soddisfazione illusoria. Non tanto per l’eventuale risultato elettorale che potrebbe essere prodotto dal richiamo della foresta. Tanto meno per la speranza, certamente infondata, che la concorrenza tra gli alleati della destra porti a una crisi di governo. Ma perché un isolamento del nostro paese nel quadro europeo sarebbe un fatto estremamente negativo.

L’Italia in Europa è, contemporaneamente, un paese importante, perché fondatore, perché grande, perché collocato nel Mediterraneo, e un paese fragile. Fragile dal punto di vista economico, gravato da un enorme debito pubblico, e anche fragile dal punto di vista del sistema istituzionale e del sistema politico. Non conviene a nessuno, in queste condizioni, che il governo, di qualunque colore, finisca fuori del gruppo dei paesi decisivi. Per questo non c’è proprio da gioire dello spostamento a destra della presidente del Consiglio. Ma solo da sperare che sia un inciampo, un errore, un temporaneo accecamento. E che, dopo le elezioni, sappia scegliere le compagnie giuste per contare.