La fiducia del Movimento 5 Stelle al decreto Aiuti c’è, ma la tensione con la maggioranza e col presidente del Consiglio Mario Draghi. L’Aula della Camera ha dato il via libera al Dl con 410 voti a favore, 49 contrati e un solo astenuto.

Il governo ha così incassato la fiducia posta sul decreto, anche se sulla carta la maggioranza che sostiene l’esecutivo Draghi conta su circa 550 voti. In missione risultavano essere in 121, come riferito dal presidente di turno, tra cui anche esponenti dei gruppi di maggioranza.

La prima votazione dopo il faccia a faccia tra Draghi e il leader dei 5 Stelle Giuseppe Conte, come previsto, non ha trovato terreno per un incidente parlamentare. Ma la situazione potrebbe cambiare al Senato, dove il testo dovrà essere esaminato e votato prima della scadenza del 16 luglio. A chiarirlo è lo stesso Conte con un ‘messaggio ai naviganti’ in cui sottolinea che “sul Dl Aiuti votiamo la fiducia, al Senato vedremo. Noi vogliamo collaborare con il governo”.

In Aula invece la linea dei 5 Stelle è affidata alla dichiarazione di voto di Luigi Gallo: “Noi diamo la fiducia oggi ma attendiamo delle risposte. Ci aspettiamo misure a lungo termine che aiutino i cittadini. Ci aspettiamo conferma del reddito di cittadinanza senza se e senza ma, il salario minimo, transizione ecologica vera, il superbonus. Sono per noi sono punti fondamentali per costruire il proseguimento di questa esperienza di governo. Sono condizioni imprescindibili“.

Il bandolo della matassa restano le norme presenti all’interno del decreto, da quelle sulla stretta a Superbonus e Reddito di cittadinanza, all’inceneritore di Roma. “Non abbiamo compreso perché ci sia stata l’ostinazione di inserire una norma del tutto eccentrica che non c’entra nulla con la materia dei sostegni e che riguarda la prospettiva di un inceneritore che è assolutamente obsoleta. È la ragione per cui abbiamo adottato una linea che non può essere quella di condividere il contenuto”, ha detto Conte parlando a margine dell’evento ‘Verso un’Italia ecodigital’ a Palazzo Brancaccio.

Cosa farà il 16 luglio il Movimento a Palazzo Madama? L’ipotesi di astensione al Senato non è fattibile, una possibilità che circola in Transatlantico è quella di un numero prestabilito di assenze mirate durante il voto, senza far mancare i numeri al Governo al momento del voto sul provvedimento. Un segnale è già arrivato questo pomeriggio, quando un terzo dei deputati 5 Stelle non ha risposto alla prima chiama del voto di fiducia alla Camera. All’analisi del voto finale sono stati 28 i grillini che non hanno partecipato alla votazione sulla questione di fiducia, di cui 15 ‘ingiustificati’ perché non in missione.

Sullo sfondo restano le questioni poste da Conte a Draghi nell’incontro di Palazzo Chigi, il documento in 9 punti che elenca le richieste pentastellate, con l’esigenza di avere “risposte concrete entro luglio” e poi valutare il sostegno all’esecutivo nel segno della “discontinuità“. Ma in ballo c’è anche l’alleanza col Partito Democratico, il campo largo lettiano sempre più in bilico anche per la crescente insofferenza in entrambi i partiti per una unione malvista.

Le alleanze per noi non sono un dato acquisito“,  aveva chiarito Conte ieri sera nella riunione con i suoi parlamentari, “non si fanno per prendere voti in più, ma si basano su lealtà, correttezza e reciproco rispetto. I diktat ci lasciano indifferenti“, le parole in evidente risposta al ministro Dem Dario Franceschini che aveva annunciato uno ‘stop’ all’alleanza in caso di uscita dei 5 Stelle dalla maggioranza.

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Napoletano, classe 1987, laureato in Lettere: vive di politica e basket.