La Camera ha approvato nella notte tra giovedì e venerdì scorso un emendamento al Decreto Aiuti che applica una stretta al reddito di cittadinanza. La misura è passata con il voto contrario del Movimento 5 Stelle ma con il consenso sia del centrodestra che del Partito Democratico. Stretta annunciata nei mesi scorsi da più parti alla misura simbolo del M5s introdotta dal governo gialloverde, con la Lega, il cosiddetto Conte1, che si è rivelata funzionante dal punto di vista dell’assistenzialismo ma inefficace da quello dell’occupazione, anche per le numerose e ingenti truffe emerse nel corso degli anni.

La stretta stabilisce che anche i datori di lavoro privati potranno proporre offerte ai beneficiari della misura. In caso di doppio rifiuto, i detentori del Reddito saranno costretti ad accettare la terza proposta di lavoro, pena la decadenza del beneficio. La modifica è partita da tre emendamenti identici presentati da Maurizio Lupi (Noi con l’Italia), Riccardo Zucconi (FdI) e Rebecca Frassini (Lega) fino a Paolo Zangrillo (FI), Lucia Scanu e Manuela Gagliardi (Misto). Ritirato l’emendamento presentato da Marialuisa Faro, passata dal M5s al gruppo Insieme per il Futuro degli scissionisti “dimaiani”.

“Non possiamo dire che è colpa del reddito di cittadinanza se non si accettano più certi lavori. I cittadini oggi vogliono anche una qualità del lavoro”, ha dichiarato il leader dei pentastellati Giuseppe Conte da giorni sotto grande pressione per le tensioni con il governo e il Presidente del Consiglio Mario Draghi che incontrerà domani.

A partire da dopo l’estate in poi – quando dopo l’approvazione definitiva del dl Aiuti a luglio e il decreto ministeriale entro 60 giorni – sarà considerata offerta congrua da parte del privato quella che rispetta le competenze e le esperienze dichiarate nel Patto per il lavoro dal beneficiario. In questo modo chi riceve il sostegno dovrà valutare attentamente anche eventuali proposte dei privati: infatti, in caso di rifiuto dell’offerta, il datore di lavoro lo comunica al centro per l’impiego e il no si somma agli altri progetti declinati.

La prima offerta verrà considerata opportuna se a tempo indeterminato e a meno di 80 chilometri di distanza dalla residenza o, comunque, raggiungibile in massimo 100 minuti con i mezzi del trasporto pubblico. Secondo le norme attuali poi a partire dalla seconda, l’offerta può essere su tutto il territorio nazionale. Dopo il primo no il beneficiario del reddito di cittadinanza va incontro a una diminuzione mensile di 5 euro a partire dal mese successivo al rifiuto. Con il secondo no, sulla base delle novità introdotte dall’ultima manovra, scatta l’obbligo di accettare la terza offerta altrimenti il reddito di cittadinanza viene revocato

A tre anni dall’introduzione la misura si è dimostrata un efficace strumento assistenziale ma un debole mezzo di incentivo al mercato del lavoro. Secondo i dati della Corte dei Conti al febbraio 2021 le persone che avevano instaurato un rapporto di lavoro dopo la richiesta della domanda erano 152.673, il 14,5% del totale. Anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, ex leader del Movimento 5 Stelle, promotore della misura da ministro dello Sviluppo Economico, in un’intervista a Il Foglio aveva dichiarato come sarebbe stato opportuno “ripensare i meccanismi separando nettamente gli strumenti di lotta alla povertà dai sostegni al reddito in mancanza di occupazione”.

L’Inps ha fatto sapere che il numero delle domande presentate al Sud e nelle Isole per accedere al Reddito è cresciuto del 15% rispetto all’anno scorso mentre al Nord e al Centro le richieste sono in calo. A maggio 2022 su un totale di circa 1,05 milioni di famiglie che hanno ricevuto il reddito di cittadinanza il 63% sono residenti al Sud e nelle Isole.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.