A differenza dei politici, i magistrati possono anche non conoscere le leggi. Questo singolare “doppio binario” ha riguardato da un lato il meloniano sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro e dall’altro gli ex togati del Csm Giuseppe Cascini e Giuseppe Marra, tutti indagati per rivelazione del segreto d’ufficio. Nel caso di Delmastro, a proposito delle conversazioni in carcere dell’anarchico bombarolo Alfredo Cospito, poi consegnate a Giovanni Donzelli, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, la Procura di Roma ne aveva chiesto l’archiviazione ritenendo che se pur fossero coperte dal segreto il sottosegretario non lo aveva percepito, trattandosi di questione giuridica complessa che poteva essere evidentemente compresa soltanto dagli addetti ai lavori. Il gip Emanuela Attura, rilevando che Delmastro è avvocato penalista, pertanto tenuto a conoscere la legge, ne aveva invece disposto l’imputazione coatta, con il risultato che ora il sottosegretario si trova a dibattimento.

In maniera opposta, ma per fattispecie simile, si è proceduto nei confronti di Marra e Cascini, il primo appartenente alla corrente di Autonomia&indipendenza che si riconosceva in Piercamillo Davigo, ed il secondo leader indiscusso della corrente di sinistra Area, dopo essere anche stato segretario nazionale dell’Anm. I due erano venuti a conoscenza ed in possesso dei verbali degli interrogatori, coperti dal segreto istruttorio, resi a Milano dall’ex avvocato esterno dell’Eni Piero Amara sulla Loggia Ungheria, sulla quale proprio in questi giorni il giudice milanese Guido Salvini ha disposto ulteriori indagini. Bene, nel caso di Marra e Cascini ciò che è stato ritenuto per Delmastro non vale. I due illustri magistrati, infatti, sarebbero stati archiviati, secondo quanto riportato ieri da Il Fatto Quotidiano giornale sempre bene informato su questi temi, il primo dalla Procura di Roma e il secondo da quella di Perugia, perché non si sarebbero resi conto, vigendo una “normativa poco chiara” della “sussistenza di un segreto investigativo”, se tale segreto fosse vigente anche per i consiglieri del Csm.

E sempre secondo quanto riportato dal giornale di Marco Travaglio, tale mancata conoscenza della “normativa poco chiara” avrebbe riguardato anche il primo presidente della Cassazione Pietro Curzio e il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi. Tutte le normative del Paese – purtroppo – sono “poco chiare”, da quelle che disciplinano le costruzioni abusive, a quelle che disciplinano lo smaltimento dei rifiuti o l’inquinamento delle acque o il settore venatorio o la circolazione stradale dei veicoli a motore. Tutte e senza distinzione alcuna, ma mai i giudici pervengono a conclusioni assolutorie perché sono tenuti a conoscere la legge dei settori nei quali operano. Tutti. A meno che non si tratti dei consiglieri del Csm.