C’è un cittadino italiano, da anni residente in Gran Bretagna, che sta vivendo un’odissea a Yarl’s Wood, il centro di rimpatrio in mezzo alle campagne del Bedfordshire, a circa due ore da Londra. L’uomo, che preferisce mantenere l’anonimato, come racconta il manifesto, ha un solo desiderio: ora che ha scontato la sua pena, vuole tornare in Italia. Il giovane italiano è detenuto da mesi come straniero irregolare nel centro di detenzione inglese per un errore che sembra essere dipeso da cavilli burocratici delle autorità britanniche.

La vicenda

Il cittadino italiano è stato arrestato a Londra nel novembre 2019 ed è stato condannato a 3 anni e 3 mesi per frode. Nonostante abbia finito di scontare la sua pena sei mesi fa, il nostro connazionale non ha più riavuto la libertà.

Terminata la vicenda penale è iniziata l’odissea della detenzione amministrativa. E a questo si è aggiunta la Brexit. Durante il suo periodo in carcere, il Regno Unito è infatti uscito dall’Ue. L’uomo si è quindi ritrovato senza permesso di soggiorno e con passaporto e carta d’identità scaduti. E per la legge britannica l’italiano, che ha vissuto regolarmente a Londra per 10 anni, è un clandestino.

Così, il nostro connazionale, lo scorso primo settembre dopo un colloquio con una funzionaria dell’ufficio immigrazione, ha firmato una richiesta di rimpatrio volontario. Un modo per uscire anche dalla prigione di massima sicurezza di Belmarsh, a sud-est della capitale britannica, dove era entrato a giugno 2020 e dove i detenuti sono chiusi in celle singole per 23 ore e mezzo al giorno. Come spiega il manifesto, a differenza dell’Italia, in Uk la detenzione amministrativa può svolgersi in una prigione comune se segue una condanna penale. Il sistema ha anche un’altra peculiarità: non prevede limiti di tempo.

Passati 30 giorni, verso fine settembre, il cittadino italiano prova a contattare l’ufficio immigrazione. Il 30 dello stesso mese una guardia penitenziaria gli fa firmare nuovamente il foglio per il rimpatrio che aveva già firmato qualche settimana prima. Allarmato, il nostro connazionale nei giorni successivi tenta di mettersi in contatto con un funzionario che sta seguendo il suo caso, senza riuscirci. Il 12 ottobre viene trasferito a Yarl’s Wood.

L’uomo poi viene contattato da un funzionario del ministero dell’Interno britannico a cui ribadisce l’intenzione di voler tornare in Italia. Al concittadino italiano viene fatto firmare, per la terza volta, il foglio di rimpatrio volontario. E nel frattempo inizia l’iter per il trasferimento in un altro centro per migranti, ma l’italiano è fermo sulle sue posizioni e rifiuta il trasferimento. Ribadisce alle autorità competenti di volersi muovere solo per rientrare in Italia. Ma il suo rifiuto gli costa l’isolamento.

Ma il cittadino italiano non si arrende. Di fronte al silenzio del consolato italiano a Londra, il nostro connazionale entra in contatto con una associazione che fornisce sostegno ai migranti reclusi e riesce a nominare un’avvocata. Solo con l’aiuto della legale, l’uomo viene contattato dal consolato nella capitale britannica, grazie alla intercessione della Farnesina.

Verso il rimpatrio in Italia

Il consolato italiano a Londra al manifesto ha ribadito piena disponibilità “nell’emettere il documento necessario a consentire il rientro in Italia del connazionale, non appena questi deciderà di farlo”. Peccato però che l’uomo abbia firmato tre volte il documento di rimpatrio volontario. Ma la situazione, in fase di stallo da troppi mesi, si sta avviando verso una svolta. La legale che lo difende gli ha riferito che l’ordine di deportazione è stato finalmente firmato dagli uffici del ministero degli Interni di Londra.

Il nostro connazionale tira un sospiro di sollievo, anche se ancora non sa quando rientrerà in Italia. Ma è pronto ad avviare una battaglia legale per chiedere il risarcimento per ingiusta detenzione.

Redazione

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