Alfredo Romeo: assolto. Assolto perché il fatto non sussiste. Assolto perché non ha corrotto nessun funzionario per vincere una gara d’appalto. Alfredo Romeo (che ricordiamo essere anche editore di questo giornale) non è un corruttore. Parliamo dell’inchiesta Consip relativa al filone della gara FM4 (dal valore di oltre due miliardi e settecento milioni di euro), indetta dalla centrale acquisti della pubblica amministrazione italiana nel 2014. Romeo era imputato per turbativa d’asta, poi l’assoluzione decisa dai giudici del tribunale capitolino presieduto dalla dottoressa Valentini. Questa è la notizia battuta già dalle maggiori agenzie di stampa. Superiamola. Già… assolto. Non è la prima volta che succede, sapete? Eppure, viene da interrogarsi e da chiedersi: cosa diranno ora gli specialisti del giustizialismo? Le penne taglienti che tanto inchiostro hanno sempre consumato per scrivere titoloni urlati e che mai hanno perso l’occasione per ricordare, ogni qual volta si nominava Alfredo Romeo, che era stato condannato, che era un corruttore, che era impelagato in non si sa quanti processi. Che è stato addirittura in carcere, sia a Poggioreale che a Regina Coeli, ma poi è stato sempre assolto.

Quest’ultima cosa è vera, per carità. Però è vera pure un’altra cosa: se il fatto non sussiste, il Fatto Quotidiano invece insiste. E colleziona brutte figure. Volete sapere come dà la notizia il giornale di Marco Travaglio? Così: “Consip, Romeo assolto dall’accusa di turbativa del maxi-appalto Fm4. Ma nell’altro filone è stato condannato per corruzione”. Ma. Ma il caso Consip è questo, non ce la fanno proprio a essere obiettivi. Eppure, che è stato assolto lo dicono i giudici mica lo diciamo noi per compiacere il nostro editore. Lo dice un Tribunale.

Parliamo del Fatto ma potremmo parlare di qualsiasi altro giornale. È largamente diffusa questa abitudine a riportare le notizie e subito dopo, nel titolo e non nel corpo dell’articolo, ricordare che Romeo è stato condannato. Badate bene, condannato ma mai in via definitiva, ed è bene ricordare pure che si è innocenti fino a prova contraria, che si è innocenti fino al terzo grado di giudizio. Questo però, non lo scrive mai nessuno. Chissà perché. E non lo scrivono non perché a sventolare il baluardo sacro del garantismo siamo rimasti in tre, ma perché il vento del giustizialismo soffia forte e la tendenza a essere faziosi e imprecisi fa svolazzare più bandiere. Piace di più. E ora, una domanda: i titoloni cambieranno?

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.