Dopo la settimana infuocata per il voto del Presidente della Repubblica, il governo riparte tra tensioni e malumori. E’ il premier Mario Draghi, che dopo aver accantonato il sogno quirinalizio, a stringere i ranghi dell’esecutivo per ottenere i fondi del Piano Nazionale di ripresa e resilienza. C’è una data cerchiata in rosso sul calendario: è quella del 30 giugno, quando dovrebbe arrivare la seconda rata del Pnrr di 24,1 miliardi. La prima, di uguale consistenza, è stata già erogata ma è al vaglio di Bruxelles. La nuova rata riceverà il via libera, invece, quando saranno realizzati i 45 obiettivi, i quali però saranno anche decisivi per il verdetto sulla prima tranche. Ma si guarda lontano: entro giugno 2023, poco oltre fine legislatura, dovranno essere realizzati ben 127 target, per un valore di 64,3 miliardi.

Da Palazzo Chigi emerge un solo leit motiv: rispettare le tre scadenze, compresa quella relativa al 31 dicembre 2022 (terza rata) per realizzare 55 obiettivi per 21,8 miliardi, vuol dire completare altrettanti tra Milestone e Target e consentire all’Italia di accedere al pagamento delle prossime tre rate per 64,3 miliardi complessivi.

Draghi ha per questo convocato per domani un Consiglio dei ministri, durante il quale i responsabili dei diversi dicasteri dovranno consegnare un report sull’attuazione degli investimenti e delle riforme di loro competenza e indicare se servono norme o “correttivi” per realizzarli. Nessuno dovrebbe essere colto alla sprovvista, dal momento che molti ministeri erano già in fase di chiusura di progetti nel secondo simestre del 2021.

Ma la pressione è altissima in particolare su tre ministeri tecnici: Infrastrutture, Transizione ecologica, Transizione digitale. Il ministero della Transizione Ecologica guidato da Roberto Cingolani è in pole per investimenti, traguardi, e obiettivi: nei prossimi sei mesi Cingolani devrà realizzare 11 targert, un quarto del totale, per trasportare il paese verso la transizione ecologica. Più difficile l’impegno per il ministero dell’innovazione tecnologica e la transizione digitale guidato da Vittorio Colao, a cui spetta entro giugno il lancio e l’aggiudicazione delle gare per la banda Ultra Larga. E poi c’è il tema Scuola e Università, dove i ministri dei due dicasteri puntano sull’innovazione, insegnamento delle professioni digitali, laboratori e rafforzamento di ricerca e sviluppo.

Ma tra le riforme più importanti c’è il tema che crea tensione tra le file del governo: bisogna rimettere mano alla riforma del Csm, che ha subito una battuta d’arresto per la partita del Colle. Il ministero della Giustizia dovrà lavorare per arrivare, entro l’autunno, ai decreti attuativi delle leggi delega del processo penale e civile.

Draghi ha quindi dato i compiti a casa ai suoi ministri, lanciando un messaggio chiaro: si parte da qui, uniti, nonostante le divisioni interne.

Redazione

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