Bisognerà attendere quasi sicuramente il prossimo fine settimana per conoscere i risultati definitivi delle elezioni per il rinnovo della componente togata del Consiglio superiore della magistratura.
La nuova legge elettorale con le sue disposizioni ‘bizantine’ non ha infatti modificato lo spoglio centralizzato presso la Corte di Cassazione. Pur avendo previsto diversi collegi territoriali, invece del precedente collegio unico nazionale, lo scrutinio avverrà sempre presso le austere stanze del Palazzaccio. Terminate le operazioni di voto ieri alle ore 14, dai 106 tribunali d’Italia le urne contenenti le schede si sono messe in viaggio alla volta della Capitale scortate dai carabinieri.

Un sistema alquanto complicato se si pensa che per il referendum consultivo indetto nei mesi scorsi dall’Anm sulla possibilità di prevedere il sorteggio era stato utilizzato il voto telematico con i risultati in tempo reale. La complessità della legge elettorale, poi, continua a rendere impossibile l’autorizzazione per il magistrato ad esercitare il voto in una sede diversa da quella dove presta servizio. Con effetti paradossali. Nei giorni scorsi una magistrata siciliana aveva fatto presente al Csm che nei giorni del voto si sarebbe trovata a Napoli per frequentare un corso di aggiornamento organizzato dalla Scuola superiore della magistratura. Una circostanza che gli impediva di votare presso il suo ufficio.

Il Csm gli ha negato l’autorizzazione al voto fuori sede, ricordandogli che la composizione dei collegi è stata fatta con il ‘bilancino’ ed anche una sola deroga ne stravolgerebbe la composizione.
“L’obiettivo è quello della equivalenza numerica, il mutamento arterebbe la composizione dei collegi individuati in base alle presenze giuridiche del personale”, la risposta alla magistrata siciliana.
Ma sempre sul fronte Csm, questa volta nomine, ieri è arrivata una sentenza destinata a fare molto rumore. Il giudice amministrativo ha annullato la nomina del presidente del Tribunale di Palermo Antonio Balsamo, ex giudice a latere nel processo al senatore Giulio Andreotti, e storico esponente di Unicost.

La nomina di Balsamo, lo scorso anno, avvenne dopo una votazione al cardiopalma. La votazione era terminata in parità: 12 voti per Balsamo e 12 voti per Piergiorgio Morosini. In caso di parità è previsto che venga ripetuto il voto. Cosa che avvenne con lo stesso risultato. E a quel punto prevalse Balsamo essendo il più anziano. Sul suo nome si erano spaccati anche i 2 pm antimafia: Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita. Il primo a favore di Balsamo, il secondo di Morosini. Fra la prima e la seconda votazione trascorse appena un minuto e 10 secondi, un tempo che non aveva consentito ai consiglieri del Csm di “confrontarsi ed eventualmente modificare il proprio voto”, scrissero gli avvocati di Morosini nel ricorso.

Ma il motivo principale dell’annullamento della nomina di Balsamo da parte del Tar è dovuto ad una violazione delle norme da parte del Csm. All’epoca della domanda Balsamo era sostituto procuratore generale in Cassazione. Per poter cambiare funzioni, e quindi diventare giudice, dovevano trascorre almeno 5 anni. Un periodo che non aveva maturato. Il Csm aveva allora aggirato l’ostacolo con una interpretazione “evolutiva”, affermando che in Cassazione le regole sul cambio di funzione sarebbero diverse. Argomentazioni non ritenute valide dal tar. Questo ennesimo annullamento non può non far riflettere su come continuano ad essere effettuate le nomine nel post Palamara. Forse era meglio prima.