Tra i fenomeni del mondo della comunicazione che non riesco assolutamente a comprendere rientra certamente lo scarso interesse per le prossime elezioni del Csm che precedono di solo una settimana le elezioni politiche, di cui invece i media strabordano a più non posso. È sì vero che gli incomprensibili minuetti pre-elettorali della politica che ci vengono quotidianamente ammanniti, per la loro imprevedibilità ed inspiegabile insensatezza, unitamente alle caratteristiche a dir poco pittoresche di amplissima parte degli abitanti dei palazzi romani, riescono ad essere quasi avvincenti, ma a me pare che un po’ di attenzione vada riservata anche alle elezioni del Consiglio Superiore della Magistratura e davvero non riesco a spiegarmi l’assordante silenzio che le accompagna.

Devo aggiungere di conoscere personalmente buona parte dei diversi candidati che non nascondono assolutamente la loro discesa in campo e devo anche dire che mi paiono tutte persone di qualità molto elevata, insomma, se potessi esprimermi, scegliere tra loro non mi sarebbe per nulla facile. Ma queste elezioni, che avvengono in un momento di evidente crisi del “sistema”, testimoniato dalle clamorose dimissioni di numerosi consiglieri e con una nuova legge elettorale, non trovano, secondo me, adeguato spazio negli organi di informazione. Detto ciò mi corre l’obbligo di riassumere per quanto possibile l’eccezionale rilevanza di quest’organo e, in particolare, di queste elezioni che, come ho scritto, anticipano di solo una settimana quelle politiche.

Non è questa la sede per addentrami in complesse disquisizioni costituzionalistiche sulle funzioni del Csm che, si badi bene, è organo di rilievo costituzionale e che, si badi ancor meglio, è presieduto dal Presidente della Repubblica, ma è un dato reale che l’evoluzione degli assetti del nostro Paese dalla seconda Repubblica in poi, secondo me, lo collocano al centro assoluto delle scelte e degli indirizzi dell’Italia. Mentre il Parlamento, alla cui formazione bene o male concorrono e possono concorrere tutti i cittadini, si è dimostrato fragilissimo senza riuscire quasi mai a concludere una legislatura in tempi naturali, non mi risulta che ciò sia mai avvenuto per il Csm che solo dopo la vicenda Palamara ha visto la dimissione di numerosi membri. Quali le ragioni della debolezza della politica e, almeno sino ad oggi, dell’inattaccabile forza della magistratura che trova nel Csm la sua massima espressione? Le ragioni di questo evidentissimo stato di cose, secondo me, sono diverse.

Le principali e più evidenti sono tre: la prima è l’entrata in vigore del codice di procedura penale del 1989, la seconda l’eliminazione dell’immunità parlamentare che, piaccia o non piaccia, ha completamente alterato il sistema dei pesi o contrappesi che necessariamente governa una democrazia ed infine la sostanziale abrogazione dell’istituto della amnistia che ha paralizzato la giurisdizione che non può assolutamente governare il contenzioso, soprattutto di natura penale. Il codice di procedura penale del 1989 è stato attuato nelle sue parti inattuabili e continuamente rimaneggiato con assoluta estemporaneità, ma certamente non è stato attuato nel principio di parità delle parti processuali e di ragionevole durata del processo. Come l’avvocatura non ha mai compreso con ogni inspiegabile cecità ed ostinazione, questo codice ha dato alla magistratura e, in particolare ai pm – che sono da decenni i veri signori e padroni dei processi-, poteri amplissimi e di fatto insindacabili cui si è sommata l’eliminazione dell’immunità parlamentare.

Questo stato di cose è stato acuito almeno da tre norme di intollerabile vaghezza che si prestano ad ogni possibile interpretazione per non dire arbitrio, quali il concorso esterno in associazione mafiosa, l’abuso di ufficio ed anche la cosiddetta corruzione elettorale. La politica è fatta di programmi e di promesse e distribuzione di risorse e stabilire quale sia il confine tra programmi, promesse e corruzione elettorale è difficilissimo per non dire spesso impossibile. È un dato di fatto che le complessità e gravi criticità, soprattutto nella società meridionale, esistano ma i mezzi adoperati, per non dire inventati, per fronteggiarle non si sono dimostrati adeguati alla loro soluzione e talvolta si è avuta addirittura l’impressione che complessità e criticità siano state tollerate per non dire alimentate, se non addirittura generate, per dare forza al sistema che dovrebbe combatterle.

Detto ciò è evidente che, almeno sino alla vicenda Palamara ma secondo me anche attualmente, il potere giudiziario prevale nettamente sul potere politico anche perché il potere politico non riesce, non vuole o non può per dinamiche interne reclutare al meglio i propri esponenti. Per essere più chiari i membri del Csm, almeno nella parte togata, sono tutti laureati e vincitori di concorso, mentre i parlamentari, anche a causa della crisi dell’avvocatura che ne era il tradizionale bacino di reclutamento, sono di livello culturale se non umano palesemente modestissimo e comunque inadeguato a reggere il confronto.

A ciò si somma il fatto che il Presidente della Repubblica, per il fatto di essere anche Presidente del Csm, ha assunto ed assume una rilevanza istituzionale e concreta ben più ampia. In altri termini, il presidenzialismo in questi anni nel nostro Paese si è autogenerato e la Costituzione, intesa come equilibrio degli organi tra loro, si è modificata radicalmente e forse a questo punto l’elezione diretta del Presidente della Repubblica da parte del popolo sarebbe auspicabile per non dire necessaria.