Le elezioni africane a volte sorprendono per la capacità quasi rivoluzionaria di rompere schemi precostituiti come è accaduto in Senegal. Più spesso purtroppo le tornate elettorali si dimostrano scontate e deludenti. In Togo l’Unione per la Repubblica, il partito del presidente Faure Gnassingbè ha stravinto le parlamentari togolesi ottenendo 108 seggi su 113 certificando che la dinastia Gnassingbè fondata dal padre dell’attuale presidente  resta padrona dello stato affacciato sulla costa dell’Oceano Atlantico. Faure Gnassingbè è al potere dal 2005, dopo essere succeduto al padre che dominava il Togo dal 1967, e a marzo ha cambiato la costituzione togolese per potersi ricandidare senza problemi. Il limite dei mandati era fissato a tre, ma adesso è stato cancellato da un parlamento docile e addomesticato ai voleri presidenziali. Le opposizioni sono inesistenti e i 5 seggi non appartenenti al partito di governo, vedono comunque 3 deputati alleati dell’Unione per la Repubblica.

Togo come la Corea del Nord

L’opposizione aveva gridato al colpo di stato istituzionale e l’ex deputato Eric Dupuy aveva paragonato il Togo ad una Corea del Nord africana. Ora Gnassimbè potrà restare in carica fino al 2033 a dimostrazione di come in Africa esista una classe politica che non intende rinnovarsi o democratizzarsi. L’Alleanza dei Democratici per lo Sviluppo, uno partito di vera opposizione che ha ottenuto due seggi parlamentari, ha parlato di brogli elettorali, ma non ci sono osservatori internazionali e la Commissione Elettorale ha già confermato il risultato delle urne.

Di padre in figlio in Ciad

Un pessimo esempio di democrazia che purtroppo non è così raro. In questi giorni si è votato anche in Ciad e anche qui la vittoria dell’attuale uomo al potere appare più che scontata. Mahamat Deby, figlio di Idriss Deby, è al potere grazie ad un accordo con le forze armate ciadiane dalla morte del padre tre anni fa quando aveva promesso una rapida transizione democratica. La sua presa di potere aveva scatenato forti proteste in tutto il Ciad con alcune centinaia di morti secondo i dati di ONG presenti nel paese.

Il 28 febbraio del 2024 con quello che è sembrato un falso colpo di stato l’esercito ciadiano aveva bombardato la sede del principale partito di opposizione uccidendo Yaya Dillo, l’unico candidato che poteva contendere il successo a Deby. Nelle urne non ci sono veri avversari per il candidato del Movimento per la Salvezza Patriottica, perché Succes Masra, principale rivale, fa parte del governo di Deby ed è  considerato un finto candidato per tutta la società civile ciadiana che punta soltanto ad un posto nel nuovo governo.  Secondo il regolamento elettorale è previsto anche un ballottaggio, ma non sarà necessario ed il giovane Deby trionferà al primo turno legittimando in apparenza la sua permanenza al potere a N’Djamena. Il Ciad è uno dei pochi stati che permette alla Francia di mantenere truppe nel paese, anche se gli americani sono stati cacciati, ed è per questo motivo che Parigi non ha preso una posizione netta contro la deriva dittatoriale di Deby. In Ciad si gioca quel poco che resta del potere francese in Africa, che ha comunque le ore contate.

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Matteo Giusti, giornalista professionista, africanista e scrittore, collabora con Limes, Domino, Panorama, Il Manifesto, Il Corriere del Ticino e la Rai. Ha maturato una grande conoscenza del continente africano che ha visitato ed analizzato molte volte, anche grazie a contatti con la popolazione locale. Ha pubblicato nel 2021 il libro L’Omicidio Attanasio, morte di una ambasciatore e nel 2022 La Loro Africa, le nuove potenze contro la vecchia Europa entrambi editi da Castelvecchi