Dal 6 al 9 giugno 2024 circa 400 milioni di cittadini europei maggiorenni saranno chiamati alle urne per eleggere il nuovo Parlamento. Quale parlamento verrà fuori da quelle elezioni? Quali saranno le maggioranze possibili? Lo spostamento a destra del baricentro elettorale europeo e la crescita, in particolare, delle destre estreme renderà possibile una maggioranza diversa? A provare a dare una risposta il sito europeelects.eu che raccoglie via via tutti i sondaggi realizzati nei 28 stati membri ed alla fine di ogni mese realizza una proiezione del parlamento che verrà. I dati di fine novembre, pubblicati ieri, si rivelano sorprendenti. Se non da terremoto politico.

Il Partito Popolare rimarrebbe primo in questa simulazione. Nonostante infatti abbia perso gli 11 deputati del partito di Orban, secondo stime consolidate da molti mesi avrebbe 175 deputati dei 720 della prossima legislatura (aumentati di 15 unità rispetto ai 705 attuali), recuperando quindi quelli persi in precedenza. Secondo gruppo sarebbe quello dei Socialisti e Democratici (S&D) che, rispetto ai dati attuali, rimarrebbe stabile: 141 sono i deputati oggi, 141 sarebbero quelli conquistati a giugno. Terzo Renew Europe, l’alleanza liberaldemocratica tra Alde, Pde e indipendenti, che da 101 attuali passerebbe a 89, tallonato pesantemente dall’estrema destra di Identità e Democrazia (ID), che da 60 crescerebbe a 87 (guadagnando il quarto posto), e dai Conservatori di ECR, che dai 67 attuali salirebbero a 82 deputati europei. A seguire i Verdi, che da 72 scenderebbero a 52 e la sinistra che da 37 passerebbe a 38 deputati.

La crescita della destra estrema sarebbe, se i sondaggi venissero confermati, il dato politico delle elezioni 2024: tra il buon risultato che attualmente viene dato ai partiti di Identità e Democrazia in Francia, Bulgaria, Romania e Germania ed il risultato olandese, ammesso e non concesso che si mantenga tale da qui a giugno, il risultato un po’ deludente (rispetto al 2019) che ci si aspetta in Italia con la Lega di Salvini sarebbe più che attutito. Ma questo quadro non sarebbe sufficiente, al momento, per spostare gli equilibri politici: la “maggioranza Ursula” continuerebbe infatti, rebus sic stantibus, ad essere tale, con 405 deputati rispetto ai 420 attuali, ben oltre i 361 richiesti per la maggioranza qualificata con cui si elegge la presidente della Commissione. C’è però un “ma” grande quanto un macigno. Nel 2019 infatti Ursula von Der Leyen fu eletta nonostante tra i socialisti vi fossero stati molti franchi tiratori, che impattarono su quasi la metà del gruppo di S&D: se così fosse, coi numeri attuali, la maggioranza “Ursula” non ci sarebbe più, avendo bisogno di gruppi decisamente più compatti rispetto al 2019.

D’altro canto, neppure popolari, conservatori ed estrema destra avrebbero da soli la maggioranza, arrivando a 344 voti dei 361 richiesti. Se però a questi si sommassero i partiti di destra, estrema destra o “rossobruni”, si arriverebbe per la prima volta nella storia del Parlamento europeo a una maggioranza seppur risicata. Stiamo in particolare parlando dei 13 deputati ungheresi di Fidesz, il partito di Orbàn, e del partito di estrema destra; dei 5 deputati slovacchi, tra quelli dell’estrema destra e quelli di SMER, il partito “rossobruno” dello slovacco Robert Fico; infine dei 5 deputati attualmente attribuiti al partito Reconquête di estrema destra francese. Sommando questi ed altri minori, si arriverebbe a circa 370 deputati, 9 sopra la maggioranza che quindi sarebbe decisamente risicata (ma non impossibile). Per garantire servirebbe, in tal caso, l’aiuto da Renew Europe, che però si è detta più volte totalmente indisponibile a sostenere una maggioranza che comprendesse l’estrema destra: l’unità interna al gruppo liberaldemocratico, che è composto in larghissima parte da “centristi” puri, ma anche da partiti liberali che guardano di più a destra (ad esempio gli svedesi e gli olandesi), sarebbe in tal caso tutta da verificare.
Certo, è una prospettiva da brivido per chi ama l’Europa ma è pure uno scenario assai complicato quello che prevede di tenere insieme i popolari più centristi come quelli tedeschi insieme, ad esempio, all’estrema destra dell’AfD o dei partiti dell’est europeo. Ma, per la prima volta, non è uno scenario impossibile.

Rilanciare sull’Europa e dare risposte moderate non solo ai bisogni, ma anche alle paure dei cittadini, provando così a contenere la crescita dei partiti di destra anti-europeisti, diventa quindi una priorità assoluta per la prossima campagna elettorale. Ad iniziare dall’Italia, Paese dal quale, al momento, vengono accreditati solo 5 parlamentari di Forza Italia e neppure uno dal mondo di Renew Europe, che sappiamo essere attualmente diviso: la campagna elettorale è tutta da fare e questo potrà molto cambiare il risultato finale, certo, ma la partenza è tutta in salita.

Giornalista, genovese di nascita e toscano di adozione, romano dai tempi del referendum costituzionale del 2016, fondatore e poi a lungo direttore di Gay.it, è esperto di digitale e social media. È stato anche responsabile della comunicazione digitale del Partito Democratico e di Italia Viva