Non sono molti quelli che ricordano la vicenda giudiziaria nella quale rimase ingiustamente intrappolato Giosi Ferrandino, già sindaco di Casamicciola, che conobbi nel 2004 quando fui candidato nelle elezioni suppletive a Ischia. Si creò subito un feeling che non si interruppe neppure quando Giosi virò verso il centrosinistra. Quando, nel 2015, ben 12 carabinieri con tanto di mitraglietta bussarono all’alba alla porta di casa del vecchio padre di Giosi in cerca del “delinquente” da sbattere nel “Grand Hotel Poggioreale”, fui tra coloro che gli espressero immediatamente solidarietà.

Si trattava di una vicenda relativa ad appalti a Ischia che non poteva certo vederlo tra i protagonisti. Eppure quelle indagini, condotte con estrema superficialità, costrinsero Ferrandino a Poggioreale per 22 giorni e ai domiciliari per tre mesi. La gogna mediatica fu pesantissima. La famiglia Ferrandino ne uscì sconvolta. Il padre di Giosi, mentre gli veniva notificata una citazione in qualità di testimone, venne stroncato da un infarto: un fatto che mi colpì in modo particolare avendo io vissuto una vicenda analoga sulla mia pelle. Quando fui arrestato con l’accusa (totalmente infondata) di concussione, riuscii a preservare mia madre dallo choc perché non era presente e, con un escamotage che vedeva complici mia moglie e un amico, le facemmo credere per tre mesi che mi ero recato all’estero per lavoro: l’amico imitava la mia voce al telefono fingendosi me, mentre io giacevo da innocente nelle patrie galere. Fui assolto dopo undici anni con formula piena. E non venni neppure risarcito perché i giudici ritennero che la mia persona fosse così autorevole da indirizzare, con la sola presenza o assenza, il voto di un’assemblea elettiva. Follia giudiziaria.

Fatto sta che ci sono eventi la cui portata è in grado di sconvolgere una comunità e di lasciare segni indelebili nel tempo. Anche Giosi è stato poi scagionato in primo grado e in appello. Adesso i pm hanno deciso di non impugnare la sentenza di assoluzione che, di conseguenza, è divenuta definitiva. Ma sono stati anni drammatici, in cui un onesto e anziano albergatore, padre dei fratelli Ferrandino, ha pagato con la vita il dolore e la tensione provocati dall’arresto del figlio. Nessuno pagherà mai per l’errore giudiziario (uno dei tanti) che va a incrementare il terribile record che il distretto di Corte d’appello di Napoli ha fatto segnare anche nel 2020.  Nessuno chiederà scusa ai Ferrandino. Nessuno pagherà per la superficialità delle indagini, per la decisione affrettata di disporre gli arresti. Nessuno risarcirà economicamente e moralmente un galantuomo come Giosi. Quell’esperienza può essere compresa solo da quanti ci sono passati. E sono tanti, troppi.

Ecco perché è sacrosanto battersi per il referendum sostenuto dai Radicali. Ed ecco perché tutti farebbero bene a leggere Il Sistema, il libro di Alessandro Sallusti e Luca Palamara, e ad assistere agli spettacoli che Edoardo Sylos Labini sta portando nei teatri. Napoli, la Campania e il Sud devono essere in prima linea nel sottoscrivere tutti i quesiti referendari e nel sostenere la battaglia per l’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla magistratura. Ferrandino ha trovato un “giudice a Berlino”. Ma la politica deve trovare il coraggio per una vera e strutturale riforma della giustizia. Non deve temere le reazioni stizzite dell’Anm né i sermoni ipocriti di David Ermini. Non deve preferire il quieto vivere del politically correct.

È ora di riformare la giustizia arginando abusi e delitti. Mai più dobbiamo vedere fatti come quelli di Santa Maria Capua Vetere, dove uomini delle forze dell’ordine hanno usato violenza nei confronti dei carcerati. Dobbiamo vigilare: perché l’agibilità democratica va di pari passo col buon funzionamento della giustizia.