Sono passati sei mesi da quando, il 17 marzo scorso, Dario Nardella placcò un imbrattatore dedito a combattere il cambiamento climatico gettando vernice sulla facciata di Palazzo Vecchio. Il filmato del sindaco di Firenze in azione, giubbotto alla Nino D’Angelo e corsa scomposta per bloccare il vandalo, fece il giro del web. E subito il pubblico si divise: tutto vero o sceneggiata creata ad arte per stuccare le prime crepe che cominciavano ad affiorare sull’immagine pubblica del primo cittadino? Al di là che si fosse trattato di azione concordata o verità, molte persone di buon senso plaudirono all’intervento del sindaco, tranne la sinistra che partì in soccorso delle ragioni di chi, con un’azione demenziale, aveva provocato un danno da 30 mila euro alle casse del Comune e danneggiato la facciata di uno dei monumenti più cari ai fiorentini, con motivazioni come: “Questi ragazzi, non importa l’età, pongono una questione seria” e “È da stolti piangere sulla vernice versata anziché riflettere sulla delicatezza delle questioni poste”. A Firenze chi si incaricò di tenere la barra ben salda a sinistra sostenendo le motivazioni degli imbrattatori fu Andrea Giorgio, assessore all’ambiente entrato in corsa in omaggio alla spartizione correntizia del Pd operata da Nardella in cerca d’autore, che chiarì subito come stavano le cose e dettò la linea benedetto dal nuovo corso radical populista. “Non capisco ma mi adeguo”, avrà pensato Nardella, che immediatamente smorzò i toni fino a chiedere scusa per la brusca domanda rivolta all’eco-vandalo in favore di camera, “Che cazzo fai?”.

Ma la questione non si è chiusa così. Nel corso dei mesi le discussioni si sono moltiplicate e il Partito Democratico è arrivato addirittura a bocciare la proposta dell’opposizione nel Salone de’ Dugento che invitava il Comune a costituirsi parte civile al processo aperto nei confronti dei sedicenti ecoattivisti. Che i trentamila euro li pagassero i fiorentini, al limite con qualche multa in più. E ancora la città non aveva ancora assistito all’episodio più deprimente di questa sconcertante telenovela: oggi Giordano Stefano Cavini Casalini, 32 anni, uno degli eroi verniciatori del 17 marzo partecipa a “Raschiare la vernice. L’attivismo climatico oltre le apparenze”, evento inserito nell’ambito della rassegna “Many Possible Cities”, il festival della rigenerazione urbana ospitato dalla Manifattura Tabacchi. Il pittore ambientalista dialogherà per l’appunto con il buon Andrea Giorgio che probabilmente glisserà sui danni provocati dal suo interlocutore alla città che dovrebbe amministrare e scoprirà, udite udite, che nel mondo è in atto il cambiamento climatico effetto magari anche delle emissioni delle fabbriche di vernice sprecate dall’esponente di Ultima generazione.

“Mi confronterò con queste realtà per raccontare cosa fa la città per la transizione ecologica e per dire agli attivisti che sono ben altri i modi di far sentire la propria voce rispetto all’attacco scellerato al patrimonio artistico”, getta acqua sul fuoco Giorgio, curioso comunque di “ascoltare l’urgenza che rappresentano i movimenti ecologisti che raccolgono tantissimi giovani. Credo che la politica si debba confrontare sempre”. Sulle barricate le opposizioni che chiedono a Nardella di dire come la pensi. Potrebbero invitare anche Vaclav Pisvejc, il cittadino ceco che domenica scorsa, completamente nudo e con la scritta ’Censurato’ tracciata sul corpo, si è arrampicato sulla statua di Ercole e Caco di Baccio Bandinelli in piazza della Signoria. “È L’uomo, che ha anche dato fuoco al telo nero del David.

Potrebbe fare una lezione di restauro e di morale” scherza e provoca Jacopo Cellai di Fratelli d’Italia. Nardella preferisce tacere; di questi tempi la tanatosi sembra essere la strategia preferita dal sindaco ex riformista, alla ricerca della benedizione di chi, al congresso l’ha sonoramente battuto. Stasera alla Festa dell’Unità con i sindaci europei ospiti della città metropolitana di Firenze proverà a scucire alla Schlein il “Da” che potrebbe portarlo in Europa. Intanto sempre più fiorentini chiedono: “Dario, che cazzo fai?”. Come si cambia per non morire.