Il crimine narrativo
Gazawi in fila per il pane uccisi dall’Idf? Polito ci casca e il Corriere della Sera la pubblica

Dove ha letto, Antonio Polito, che nelle ultime 24 ore “altre decine di palestinesi in fila per il pane sono stati uccisi dai soldati israeliani”? Dove ha letto della “ennesima, orribile strage della fame” di cui ha scritto sul Corriere della Sera di ieri?
L’ha letto – così almeno crediamo, nell’attesa di riprove contrarie – sul riporto del riporto del riporto di un lancio dell’agenzia AFP il quale, a sua volta impasticciato per opera di Al Jazeera, dai ranghi ministeriali di Hamas si spargeva a raggiera fino a pervenire sul desk dell’editorialismo corrieresco. E non si sa se vi perveniva già deprivato del dettaglio disagevole o se, invece, era la perizia dell’articolista a farne un moncone più suadente: di fatto, c’è che la notizia recava la precisazione secondo cui l’incidente – vale a dire l’uccisione di un numero imprecisato di persone – si sarebbe verificato “a circa due km da un punto di distribuzione di aiuti”. E siccome è improbabile che si fossero messi in fila due chilometri prima, è probabile che non fossero “in fila per il pane”.
Dice: d’accordo, saranno anche stati a due chilometri da lì, ma non è ugualmente terribile che delle persone siano uccise? Certo che è ugualmente terribile. Solo che non occorre scrivere che erano “in fila per il pane”, visto che non erano in fila per il pane. O, per meglio dire, occorre scriverlo soltanto se si vuole spacciare la notizia falsa (o quanto meno non verificata) secondo cui Israele prima inquadra la gente davanti al miraggio del cibo e poi deliberatamente la prende a fucilate (persino smitragliate dai tank, hanno detto). Quindi occorre. Se devi spiegare che gli israeliani fanno come i nazisti con gli ebrei davanti alle docce (non è l’intenzione di Antonio Polito, per carità) devi dire che falciano la gente “in fila per il pane”. Un po’ come scrivere nell’ottobre del 2024 che tra i morti di Gaza c’erano “forse quarantamila civili” (lo scrisse Antonio Polito, sempre sul Corriere), una cifra che non solo a quell’altezza di tempo, ma persino oggi, non ha il coraggio di propalare neppure Hamas.
Se – come è ben possibile – negli incidenti delle ultime 24 ore di cui parlava Antonio Polito sono state uccise persone innocenti, allora si tratterebbe a dir poco di una tragedia e forse pure – anche questo è ben possibile – di un crimine (per quanto le forze di difesa israeliane abbiano fatto sapere di aver contrastato movimenti ostili, che si sono registrati in quantità da quando il meccanismo degli aiuti è stato sottratto alla joint venture Hamas/Onu). Ma denunciare una tragedia, quando c’è, e condannare un crimine, quando è accertato, non autorizza a trasfigurare l’una e l’altro nella “ennesima, orribile strage della fame” perpetrata dall’esercito sterminatore che, nel giro di ventiquattrore, spara su “altre decine di palestinesi in fila per il pane”.
È il solito discorso. La guerra di Gaza è un’atroce realtà di morte cui non è estranea la commissione di delitti (perlopiù da parte di chi l’ha scatenata, cioè Hamas). Farne un Holodomor di stampo sionista, perfezionato dalle stragi di gente “in fila per il pane” è un crimine narrativo di cui proprio non ci sarebbe bisogno.
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