Prima di iniziare i colloqui di Gedda, l’Ucraina ha voluto inviare un segnale chiaro, lanciando uno dei più grandi attacchi aerei contro la Russia. E l’operazione, compiuta con oltre 300 droni e che ha ucciso tre persone nell’area di Mosca, a detta di Kiev è servita a due scopi. Il primo, colpire “strutture strategiche della Federazione Russa”. Il secondo, come ha spiegato Andriy Kovalenko, funzionario del Consiglio di sicurezza nazionale, inviare “un ulteriore segnale a Vladimir Putin che dovrebbe essere interessato anche a un cessate il fuoco aereo”.

L’ok di Zelensky all’accordo sui minerali critici

Il tema è stato al centro dei colloqui-fiume di ieri a Gedda tra delegati statunitensi e ucraini insieme all’accordo sui minerali ucraini. Il governo ucraino, che si è detto “profondamente grato” per il lavoro di Donald Trump, ha accettato la proposta statunitense di un cessate il fuoco di 30 giorni ed entrambe le parti hanno rilanciato l’idea di iniziare immediatamente i colloqui per “una pace duratura”. “La palla per la tregua ora è nel campo della Russia” ha detto il segretario di Stato americano Marco Rubio, che in Arabia Saudita ha incassato anche l’ok di Volodymyr Zelensky all’accordo sui minerali critici. I delegati americani e ucraini hanno concordato di firmare “il prima possibile” l’intesa sulle risorse di Kiev. E gli Stati Uniti, come gesto di distensione nei riguardi del Paese invaso dalla Russia, hanno annunciato la revoca immediata del blocco degli aiuti militari. Un gesto che aveva provocato non pochi problemi all’esercito ucraino, pressato soprattutto nel Kursk.

Per i due Paesi in guerra, ora si apre una fase particolarmente importante. Il consigliere per la Sicurezza nazionale Usa, Michael Waltz, ha detto che avrebbero iniziato a parlare subito con Mosca per sondare la sua disponibilità a una tregua. Mentre Rubio ha confermato che “se la Russia accetterà la proposta di cessate il fuoco” potremo entrare “in una seconda fase, ovvero nel reale negoziato per porre fine al conflitto”. Una fase in cui si dovrebbe parlare anche di un cessate il fuoco definitivo e di una pace in cui dovrebbe essere necessariamente coinvolta l’Europa, sia per fornire garanzie di sicurezza a Kiev, sia per gestire l’eventuale missione di pace lungo la linea di contatto.

Proprio per questo, ieri a Parigi si sono riuniti i capi di Stato maggiore di più di 30 Paesi europei, Nato e alleati della Nato. E anche se nella cosiddetta “coalizione dei volenterosi” non ci sono solo Paesi del Vecchio Continente, il messaggio inviato dall’Eliseo è che l’Europa vuole essere coinvolta sia nel negoziato che nel futuro di Kiev. Un’idea confermata anche dalla scelta di riunire oggi, sempre a Parigi, i ministri della Difesa di Francia, Italia, Germania, Polonia e Regno Unito.

L’Occidente, del resto, deve ancora capire in questa complessa fase della politica mondiale come reagire e gestire l’avvento di Trump e il suo impatto sul mondo. E sarà proprio questa la chiave della riunione dei ministri degli Esteri del G7 a La Malbaie, in Québec. Un vertice che da domani fino a venerdì servirà a capire le vere intenzioni degli Stati Uniti e disegnare una strategia che escluda una spaccatura tra i Sette. Rubio è stato chiaro: dal summit canadese non vuole che esca un comunicato con posizioni troppo dure nei riguardi della Russia. Le posizioni Usa non coincidono con quelle degli altri partner, questo ormai è chiaro. Ma l’impressione è che nessuno voglia arrivare allo scontro totale, specialmente in una fase in cui Trump continua a colpire con i dazi e a minacciare gli alleati.