Continua la persecuzione della magistratura contro il generale Mario Mori, indagato per gli attentati di mafia avvenuti a Firenze, Milano e Roma nel 1993 dove, secondo l’accusa, nonostante fosse a conoscenza del piano stragista di Cosa Nostra non fece nulla per impedire gli attentati. Ad annunciarlo è lo stesso ex comandante del Ros e poi direttore del Sisde, già assolto dopo il processo farsa sulla trattativa Stato-Mafia. In una nota spiega che “nel giorno del mio 85esimo compleanno (16 maggio scorso, ndr) ho ricevuto, dalla Procura della Repubblica di Firenze, un avviso di garanzia con invito a comparire per essere interrogato in qualità di indagato per i reati di strage, associazione mafiosa e associazione con finalità di terrorismo internazionale ed eversione dell’ordine democratico”.

Mori spiega che i magistrati gli contestano che “pur avendone l’obbligo giuridico, non avrebbe impedito mediante doverose segnalazioni e denunce all’autorità giudiziaria, ovvero con l’adozione di autonome iniziative investigative e preventive, gli eventi stragisti di cui aveva avuto anticipazioni”. Nello specifico si stratta delle stragi di Firenze  quella dei Georgofili), Roma e Milano, oltre all’attentato fallito allo stadio Olimpico.

Per i magistrati di Firenze, Mori sarebbe stato informato “prima nell’agosto 1992” dal “maresciallo Roberto Tempesta informato dall’esponente della destra eversiva Paolo Bellini che gli avrebbe anticipato le bombe al patrimonio storico, artistico e monumentale e, in particolare, alla torre di Pisa” e, qualche tempo dopo, anche il pentito Angelo Siino “durante il colloquio investigativo – scrivono i pm – intercorso a Carinola il 25 giugno 1993, che gli aveva espressamente comunicato che vi sarebbero stati attentati al Nord”.

Mori indagato, lo sfogo del generale: “Certi inquirenti e i loro teoremi”

Sfogo amaro quello del generale che “dopo una violenta persecuzione giudiziaria – portata avanti con la complicità di certa informazione e durata ben 22 anni – che mi ha visto imputato in ben tre processi, nei quali sono stato sempre assolto, credevo di poter trascorrere in tranquillità quel poco che resta della mia vita”. Poi l’attacco a “certi inquirenti”: “Ma devo constatare che, evidentemente, certi inquirenti continuano a proporre altri teoremi, non paghi di cinque pronunce assolutorie e nemmeno della recente sentenza della Suprema Corte che, nell’aprile scorso, ha sconfessato radicalmente le loro tesi definendole interpretazioni storiografiche. – aggiunge- Per questo motivo, quei giudici della Cassazione sono stati duramente criticatati dal consesso dei lottatori antimafia nella totale indifferenza del Csm che, dinnanzi a questi violenti e volgari attacchi, tace a fronte di questo disegno che ha come unico obiettivo quello di farmi morire sotto processo” .

Mori  indagato: “Accuse? Surreali”

Entrando nello specifico dell’ultima inchiesta, Mori spiega che “quelle a mio carico, com’è agevole a tutti comprendere, sono accuse surreali e risibili se tutto ciò non fosse finalizzato alla gogna morale che sarò costretto a subire ancora per chissà quanti anni. Basti pensare alla circostanza – aggiunge – che, a Palermo, mi hanno processato per 11 anni, con l’accusa di aver ‘trattato’ con la mafia e siglato un accordo con Bernardo Provenzano per far cessare le stragi. La sentenza di condanna, in primo grado a 12 anni, poi spazzata via da quella di appello e di Cassazione, affermava che avrei ‘esortato’ e, quindi, sollecitato i vertici mafiosi a comunicare le condizioni per ritornare alla situazione di pacifica convivenza… che si era protratta sino alla conferma delle condanne all’esito del maxi processo e, dunque, per non commettere più le stragi”.

“La sentenza di appello, nell’assolvermi, ha riconosciuto che la mia condotta ‘ebbe come finalità precipua ed anzi esclusiva quella di scongiurare il rischio di nuove stragi’ e che avevo ‘effettivamente come obbiettivo quello di porre un argine all’escalation in atto della violenza mafiosa che rendeva più che concreto e attuale il pericolo di nuove stragi e attentati, con il conseguente corredo di danni in termini di distruzioni, sovvertimento dell’ordine e della sicurezza pubblica e soprattutto vite umane’, spiega. “Per i giudici di Palermo fui mosso esclusivamente da fini solidaristici (la salvaguardia dell’incolumità della collettività nazionale) e di tutela di un interesse generale, e fondamentale, dello Stato. – fa notare il generale – Oggi vengo indagato per non aver impedito le stragi, quindi con una virata di 360 gradi rispetto al precedente teorema”.

Mori: “Disgustato da accuse, offendono memoria Falcone”

E’ un fiume in piena il generale: “Le vicende di cui mi si accusa sono già state ampiamente analizzate nel corso degli ultimi 25 anni dalle magistrature competenti (compresa quella fiorentina) e nei processi in cui sono stato coinvolto, senza che mi sia stato contestato alcunché, tantomeno i gravissimi reati ora ipotizzati dalla Procura di Firenze. Sono profondamente disgustato da tali accuse che offendono, prima ancora della mia persona, i magistrati seri con cui ho proficuamente lavorato nel corso della mia carriera nel contrasto al terrorismo e alla mafia, su tutti Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Forse non mi si perdona di non aver fatto la loro tragica fine”, commenta. “Avendo constatato che il circo mediatico si è già messo in moto, precedendo con qualche giorno d’anticipo tale comunicazione giudiziaria, ed essendo fin troppo banale presagire che l’aggressione mediatica e giudiziaria proseguirà con ancor maggiore virulenza, – conclude l’ufficiale – mi sembra doveroso che sia io, e non altri, a informare le Istituzioni e l’opinione pubblica. Dopo di che affronterò e supererò anche questa ennesima angheria”.

 

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