Garlasco
Gli alibi di Andrea Sempio e la Procura che finisce in buca. L’unico sereno è Alberto Stasi

Andrea Sempio non si è presentato al palcoscenico del tribunale di Pavia. E bisogna proprio esser poeti per dire “codice di procedura penale noi ti amiamo”, e avere dentro di sé un nocciolino duro che solo certe donne hanno, per sfidare la storia con “lotta dura senza paura”, neanche l’indagato fosse Adriano Sofri. Pure Angela Taccia, difensore di Andrea Sempio nel processo infinito di Garlasco, l’ha fatto, e l’ha scritto sui social, e ha buttato giù il castello di carte che la procura di Pavia aveva costruito con gli interrogatori a triangolo.
La Procura in buca
È bastato qualche comma dell’articolo 375 del codice di procedura penale, sulla mancata enunciazione sia dei fatti su cui l’indagato è convocato in procura, sia sulla minaccia di accompagnamento coatto in caso di mancata presentazione. E la procura è finita in buca. Così qualcuno si è subito precipitato in soccorso, dando al Tg1 la “notizia” di un’impronta della mano di Sempio che sarebbe stata trovata accanto al corpo di Chiara. Al termine di una delle tre audizioni previste, quella che ha come teste Marco Poggi sentito dalla pm Giuliana Rizza, l’avvocato Francesco Compagna riporta le parole del fratello di Chiara: «A Sempio lo lega un’amicizia di lunga data e la convinzione della sua estraneità alla tragica vicenda che ha sconvolto la sua famiglia».
Alberto Stasi è sereno
In ogni caso sono rimasti con il cerino in mano gli avvocati di Alberto Stasi, che fin dalla vigilia dell’appuntamento di ieri avevano tenuto a dire che il loro assistito avrebbe risposto a ogni domanda. Lui è stato sentito per due ore e mezzo. Sereno, anche perché lui non rischia niente. Se quello che ha condannato Alberto Stasi a sedici anni di carcere può essere definito come “processo indiziario”, sia pure con un elemento forte per quelle scarpe pulite in un ambiente pieno di schizzi di sangue, quello delle indagini nei confronti di Andrea Sempio è molto meno che indiziario. Salvo nuovi colpi di scena con un vero coniglio che la procura potrebbe estrarre dal cilindro, gli elementi dell’accusa restano sempre gli stessi. Proprio quelli che portarono a una prima archiviazione disposta dal gip Fabio Lambertucci nel 2017 su richiesta dello stesso procuratore Mario Venditti. Era stata esclusa in quell’occasione, quella che avrebbe potuto essere la premessa della responsabilità di Andrea Sempio, cioè il movente. Perché le fantasie si erano rincorse su una sorta di innamoramento del ragazzino di liceo invaghito della giovane donna già laureata.
Il rapporto tra Stasi e Poggi
Ma la verità è che i due a mala pena si conoscevano, se non di vista, e lo stesso Alberto Stasi, fidanzato di Chiara Poggi dice di non averlo mai visto. Cosa confermata da Sempio medesimo. Non ci sono tracce di chiamate sul cellulare della vittima. Strano stalker. E le famose telefonate, uno degli elementi indiziari dell’accusa, che il ragazzo avrebbe effettuato a casa Poggi, nei giorni precedenti il delitto del 13 agosto 2007, risultano essere, le prime due risalenti a sei giorni prima e della durata rispettivamente di 2 e 8 secondi, mentre nell’ultima dell’8 agosto Andrea avrebbe parlato con Chiara per 21 secondi, il tempo di chiedere del fratello Marco, suo amico.
Gli alibi di Sempio
Ma Marco era in vacanza, dicono gli inquirenti, e come poteva il suo compagno di playstation non saperlo? Una delle domande che i magistrati avranno posto ieri al fratello di Chiara, interrogato a Mestre, dove risiede. Un altro elemento dell’accusa riguarda l’alibi per le ore in cui è stato commesso il delitto. Andrea Sempio ha detto di non esser stato a Garlasco, quella mattina, ma a Vigevano. Ha anche esibito uno scontrino del parcheggio, che era rimasto sull’auto e che era stato ritrovato dalla madre un anno dopo, visto che l’auto era l’unica della famiglia e veniva usata da ogni componente. Alibi non inattaccabile, in effetti, soprattutto se è vero, come si sente dire, che un controllo sulle celle telefoniche avrebbe collocato il cellulare di Sempio nella zona di Garlasco. Ma questo non porrebbe il proprietario del telefonino necessariamente sul luogo del delitto.
Veniamo dunque alla regina di tutte le prove, quella del dna che può portare all’individuazione del colpevole così come al buco nell’acqua degli accusatori. Che in questa inchiesta, non dimentichiamolo, non sono solo il procuratore Fabio Napoleone e i suoi collaboratori. Perché i veri promotori di questo nuovo processo sono i legali di Alberto Stasi. Infaticabili, sono loro che si improvvisano investigatori e nel 2016 “rubano” una tazzina da caffè per consegnare alla procura di Pavia il dna di Andrea Sempio, e poi dopo l’archiviazione da parte del giudice del 2017, ci riprovano nel 2024 ma vengono umiliati con due nuove archiviazioni, fino a che una decisione della cassazione non li porterà di nuovo alla procura di Pavia. Si riparte quindi dal dna, anzi dai due dna maschili per la precisione, trovati sulle unghie di una mano di Chiara. Se ne riparla all’appuntamento dal gip in settembre, dopo gli esami dei genetisti su una decina di persone, tra cui lo stesso Sempio.
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