Ancora in altomare la formazione del governo in Spagna, anche se qualcosa inizia a muoversi. Il partito di estrema destra Vox, nonostante sia scosso da una forte crisi interna dopo il magro risultato elettorale e la recente uscita di alcuni dirigenti importanti, tutti appartenenti all’ala più liberale e morbida, con una mossa a sorpresa ed alquanto insidiosa, domenica scorsa ha messo a disposizione del Partito Popolare i suoi voti “senza chiedere nulla in cambio”, senza cioè pretendere di entrare nel governo: tutto pur di non far ritornare alla Moncloa Pedro Sanchez.

La mossa, nonostante gli autonomisti baschi centristi di PNV abbiano già detto di no al PPE, lascia uno spiraglio importante per il leader dei popolari Feijóo. Entrambi gli schieramenti hanno infatti 171 voti sicuri e ben pochi altri da conquistare per quella maggioranza semplice che dalla seconda votazione è necessaria per ottenere la fiducia: non ancora schierati infatti rimangono solo i 7 deputati degli indipendentisti catalani di Puidgemont e la deputata di Coalicion Canaria, il partito centrista dell’isola al largo della costa africana, aderente al Partito Democratico Europeo, lo stesso di Italia Viva ed Azione. Se per i secondi l’unica richiesta è rispettare l’agenda canarina – che, a differenza di altri partiti regionali, non è indipendentista, ma principalmente economica e di investimenti nella regione – per i primi la lista delle richieste è assai impegnativa per Sanchez e per tutta la sua coalizione: il partito dell’ex presidente catalano Puidgemont mette sul tavolo come condizioni infatti l’amnistia completa per le vicende del 2017 e la ripetizione di quel referendum indipendentista che aprì quella crisi istituzionale.

Se quindi sulla carta al momento ha molte più probabilità Feijóo di farcela, è anche vero che non va sottovalutata l’abilità di Sanchez di trovare una qualche soluzione che alla fine gli faccia ottenere il voto favorevole dei 7 deputati catalani, tanto più che nei prossimi giorni la procura generale potrebbe rivedere il mandato di arresto emesso anni fa contro Puidgemont, contribuendo a smuovere le acque. Le trattative sono convulse e se i Popolari hanno annunciato l’apertura di un tavolo di trattative con i canarini, mentre a sinistra tutto si muove sottotraccia, vista anche la delicatezza degli argomenti oggetto di contrattazione politica: l’argomento dell’indipendentismo catalano (ed in misura minore anche basco) è infatti terreno di fortissima polemica tra i partiti, con Vox e PPE che hanno sempre accusato Sanchez di una certa arrendevolezza a quelli che non hanno esitato a chiamare terroristi.

Presto la palla sarà nelle mani del Re, che dopo un giro di consultazioni dovrà indicare al presidente della camera chi tra Feijóo e Sanchez sarà il primo a dover superare le forche caudine del voto del Parlamento. Ed anche questa scelta, inevitabilmente, non sarà per niente neutra: il candidato dovrà presentarsi al voto ed ottenere in prima battuta la maggioranza assoluta (impossibile per entrambi) e dopo quella semplice. Basteranno 172 voti per diventare premier, con un sistema che a differenza di quello italiano assicura una buona governabilità anche a chi non ha la maggioranza assoluta. L’appuntamento è per giovedì 17, quando le Cortes apriranno le porte ai nuovi deputati ed inizieranno ad eleggere i loro organismi, lasciando svelare gli accordi presi in queste ore convulse: conoscerli, vedendo le prime mosse dei partiti, inizierà a darci indicazioni su come davvero questa sfida tra i due potrebbe andare a finire.

Giornalista, genovese di nascita e toscano di adozione, romano dai tempi del referendum costituzionale del 2016, fondatore e poi a lungo direttore di Gay.it, è esperto di digitale e social media. È stato anche responsabile della comunicazione digitale del Partito Democratico e di Italia Viva