Domani si vota per il rinnovo del parlamento del Regno Unito. È un’elezione anticipata – ben fuori dagli schemi tradizionali della storia anglosassone – che si è resa necessaria per uscire dall’impasse di una Brexit votata con il referendum del 2016, ma che i governi conservatori non sono ancora riusciti a realizzare. Nel frattempo, in questi anni, il discorso pubblico nel Regno Unito è diventato tossico.  Il sistema politico più efficace del mondo, quello al quale tutte le democrazie guardavano come un modello inarrivabile, è andato letteralmente nel pallone con la conseguenza di una profonda e generalizzata crisi di fiducia. A poche ore dalla fine delle elezioni, la questione centrale del voto britannico sembra essere proprio questa. Ne è convinto Gary Younge, editorialista del Guardian: «Il problema per i conservatori è se le persone si fidano di ciò che dicono. Il problema per i laburisti è se gli elettori ritengano realizzabili le loro promesse». In effetti, Boris Johnson ha fama di bugiardo cronico. Ricorda Younge: «Fu licenziato dal Times per aver inventato delle citazioni, mente al pubblico sul numero di poliziotti, ospedali e infermieri che ci saranno se vincerà, ha mentito alla regina sulla proroga del Parlamento, mente ai suoi alleati». E aggiunge: «Quando era ministro degli Esteri, il primo ministro Theresa May gli negava l’accesso ai briefing segreti perché non si fidava di lui».

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Ma il Labour non se la passa meglio. Il manifesto lanciato da Corbyn nel novembre scorso promette ambiziosi impegni per ridistribuire la ricchezza, reinvestire nei servizi pubblici e nazionalizzare diversi settori dell’economia. Tuttavia i cittadini temono che questi piani siano impraticabili. «Sembra che Corbyn offra ogni giorno qualcosa di nuovo – ironizza Younge: la scorsa settimana ha promesso colazioni gratuite per i bambini nelle scuole a rischio povertà, una riduzione di un terzo del costo degli abbonamenti ferroviari e un fondo per i rifugi invernali di emergenza da 100 milioni di sterline per i senzatetto».  Da un lato, queste promesse incontrano un certo consenso perché più della metà del Paese ritiene che la disuguaglianza economica sia eccessiva. Molti elettori ritengono – d’accordo con il manifesto del Labour – che le società ferroviarie, idriche ed energetiche dovrebbero essere nazionalizzate e che si debbano aumentare le tasse per sostenere il servizio sanitario nazionale. «Il problema è che – avverte Younge – venendo da nove anni di austerità, durante i quali è stato detto alla gente che il Paese non può permettersi nulla, molti cittadini sono naturalmente scettici e si chiedono da dove arriveranno i soldi per realizzare questi programmi». Infine, l’altra promessa di Corbyn di convocare un secondo referendum sulla Brexit esce molto depotenziata dalla sua scelta di non prendere posizione su un tema così dirimente.

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Dall’altro lato, Boris Johnson ripete ossessivamente il suo “Get Brexit Done”. «Le persone sanno che Johnson è un bugiardo – dice Younge – ma credono che sia sincero quando dice che «farà la Brexit» entro la fine di gennaio. Non lo è. Non lo farà. Non può. Gli accordi commerciali non funzionano così, sono complessi e lunghi e, come sappiamo, il calendario non è dettato da una sola delle parti in causa».  Qualche chance in più per Corbyn? Improbabile. Anche perché la fase finale della campagna elettorale ha visto un colpo di scena non da poco. Il New Statesman, uno dei più antichi periodici della sinistra inglese, pur condividendo il programma ultrastatalista del manifesto di Corbyn, per la prima volta nella storia ha deciso di non appoggiare il Labour. Proprio a causa del leader Jeremy Corbyn: «La sua riluttanza a scusarsi per l’antisemitismo diffuso nel Labour e a prendere una posizione sulla Brexit, il problema più grande che il paese deve affrontare – spiega il giornale in un recente editoriale – lo rende inadatto a diventare primo ministro». E ricorda: «Il rabbino capo, Ephraim Mirvis, e la Jewish Chronicle hanno lanciato all’elettorato avvertimenti senza precedenti su Corbyn. Il movimento operaio ebraico, per la prima volta nella sua storia, ha rifiutato di appoggiare il partito». Con queste premesse, il sorpasso a danno dei Tories sembra molto difficile.

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