Si comincia in aprile. Report, Rai tre. Marco Mancini viene introdotto nella torbida storia della “dama di Becciu”, Virginia Marogna, senza che risulti alcun contatto né conoscenza di qualsivoglia genere con la signora sarda con frequentazioni vastamente massoniche. La quale fu introdotta in Vaticano sostenuta dalle garanzie dell’allora direttore dell’Aise oggi a Leonardo, il sardo generale Luciano Carta, e confermata in questo ruolo dal successore Giovanni Caravelli (confermatissimo direttore). È l’inizio dell’ossessione. E siamo alla puntata di lunedì 3 maggio della trasmissione di Rai tre, Report.

Molto è già stato scritto. Dell’insegnante di passaggio dall’Autogrill, incuriosita da un tipo “losco” che poi incontra Renzi. Lei filma. Renzi spiega che si tratta di auguri di Natale. Che aveva spostato l’appuntamento dal Senato alla piazzola di Fiano perché si era dimenticato, tanto la cosa era decisiva per il destino della Repubblica. Ma si sa, l’allusione di Report è persino ovvia, i complotti devono ambientarsi in luoghi “in mezzo al nulla” (nulla assai popolato però come gli autogrill, forse i posti meno anonimi che ci siano: chi di voi che leggete questo articolo non ha mai sostato lì?). Non è questo il punto. E nemmeno adesso è il caso di vivisezionare il susseguirsi di versioni contraddittorie sulla direzione delle auto dopo l’incontro. Il centro della questione è: è un reato incontrarsi in autogrill per un funzionario della presidenza del Consiglio (tale è Mancini) e un ex presidente del Consiglio? No. È contro regole sottoscritte? No. Tant’è che la necessità dell’autorizzazione previa a questo tipo di incontri è stata fissata a metà maggio. maggio viene parecchi mesi dopo Natale. E forse vale il principio – chiedere per sicurezza a Cartabia – “nulla poena sine praevia lege”, o no?

Ma chi l’ha detto che Mancini non avesse dal superiore un permesso addirittura scritto per incontrare politici, e non lo avesse avvertito dell’incontro? E i convenevoli augurali necessitano di protocolli con il timbro? Chiunque abbia anche una marginale nozione di vita romana, sa che tutti parlano con tutti, e incontrano tutti, se non altro per ragioni di vicinato tra Palazzi, la separazione delle carriere non è un punto di forza della vita sociale dell’Urbe, e si sa che scambi di pensieri sono all’ordine del giorno. Mai nessuno ha però mai visto Mancini partecipare a ricorrenze, cene, terrazzi, salotti. Fa una vita ritirata, dicono. Nessuna fotografia in giro salvo quella di sedici anni prima. E a chi è toccato allora riconoscere Mancini in tutt’altro abbigliamento, faccia attempata, inquadrature sfocate? Report non è andato all’Ordine dei geometri o a quello degli Avvocati con la foto segnaletica fornita dall’insegnante. Con un colpo di genio l’ha indovinata subito. Ed ecco è stato interrogato un ex agente del Sismi, con il volto oscurato e la voce camuffata. Trascriviamo dal sito di Report la versione ufficiale. Sigfrido Ranucci, autore e conduttore: “Il misterioso uomo brizzolato che parla appartato con Renzi in realtà non si può certo definire losco: è uno 007 tra i protagonisti del servizio di Report del 12 aprile scorso. Si tratta infatti di Marco Mancini, ex agente del Sismi, come ci conferma un suo ex collega”.

Giorgio Mottola (autore del servizio): “Chi è quest’uomo che parla con Matteo Renzi?”
Ex agente del Sismi: “È Marco Mancini”.
Mottola: “Lei lo conosce bene?”
Ex agente: “Sì, anche se mascherato direi proprio che è lui”.
In realtà l’unico con la barba e la voce finta, è lui. L’ex agente del Sismi sa bene perché non circolano dal 2005 altre foto di Mancini. Nel 2014 è stato oggetto di minacce di morte giudicate serissime all’indirizzo privato e sul suo cellulare con il numero riservato. Non c’entra il caso Abu Omar, ma come sanno i presidenti del Copasir e i parlamentari che lo hanno composto e lo compongono, c’è documentazione della gravità di queste minacce .
Ed ecco che una trasmissione Rai espone in bacheca una sorta di Wanted: ringrazieranno i jihadisti e le varie formazioni di terrorismo rosso e nero contro cui da 42 anni “Doppio Mike” (lo ribattezzano così) è in battaglia, senza mai ricevere un appunto disciplinare, semmai encomi, e promozioni.

Non è finita qui. Report ha scatenato la macchina dei quotidiani. La televisione ha la forza delle iene, come detto.
Ed è da allora che si scatena una caccia al Mancini. C’è un lavoro di vero e proprio dossieraggio. Bonini su Repubblica scrive dei suoi spostamenti a piedi. «L’autogrill di Fiano, da questo punto di vista, è solo un inciampo del destino. Sarebbe potuto accadere molto prima. Armati di uno smartphone, sarebbe bastato, in questi anni, perdere una giornata feriale lungo il “golden mile” di “doppio Mike”. Quello che, a Roma, unisce Largo Santa Susanna (per anni sede degli uffici del Dipartimento per le Informazioni e la Sicurezza) a piazza Barberini, alla galleria Sordi e a piazza Montecitorio. Lo avreste facilmente incrociato, in ogni stagione, in uno dei suoi eccentrici outfit, negli uffici a cielo aperto (bar, marciapiedi) dove nuotava e pasturava nella risacca del Palazzo. Incontrando e confabulando con onorevoli, spiccia faccende, manager, ministri, sottosegretari». Dal suo posto di lavoro in Santa Susanna si sposta – quatto quatto – in piazza Barberini che è contigua. Peccato non fotografarlo con lo smartphone, sai che roba, che scoop osservare che cammina per prendersi un caffè a un tavolino nei dintorni, o si siede nella Galleria più frequentata d’Italia, che è la Sordi. Che relazione di servizio ha letto Bonini, oppure era solito fare gli identici percorsi?

Ma per forza che era necessario pedinarlo. Infatti, dice Bonini, “è una bomba a orologeria da disinnescare”. Ordine eseguito subito da Draghi. Da Draghi? Mah. Lo sa Draghi? O sono stati gli eterni gerarchi provenienti da carriere dove la politica (nel caso sinistra dc) si intreccia con gloriose carriere in polizia e nei servizi? L’attributo di gloriose è senza ironia, e si riferisce certo a Gabrielli, oggi autorità delegata per i servizi. Che ha deciso, senza bisogno di sentire il presunto reo, l’estromissione di Mancini, la sua consegna alla morte civile di fatto disonorandolo. Sulla Verità è Fabio Amendolara, quello stesso 15 maggio, a completare il rapportino di servizio per il lupo. Scrive che Mancini ha “un alloggio di servizio” e indica persino chi ci ha invitato a cena. Che carte ha consultato? Ha chiesto lumi pure lui all’ex agente del Sismi, il tipo pulitino di Report, così trasparente e così consapevole di commettere un reato da mascherarsi? Tranquilli, quest’ultimo lo lasceranno schizzare informazioni in serenità, essendosi schierato dalla parte giusta della storia, qualunque comportamento abbastanza vile pratichi. Che pena per le istituzioni repubblicane.
Ormai intanto Report ha il sorcio in bocca, insiste con un nuovo servizio dopo 15 giorni. Scopre che magari Giuseppe Conte e Luigi Di Maio avevano convocato Mancini, ma si insiste sull’Autogrill, perché fa effetto. Cosa si sono detti? Che complotto avranno messo su Marco e Matteo? In quel momento Mancini, scrivono Il Fatto e la stessa Repubblica, è in corsa per la vice direzione di uno dei servizi, portato proprio da Conte. Che interesse può avere a tramare per buttarlo giù? Forse è scemo.

Si badi alle date. Il 23 dicembre c’è l’incontro natalizio con Renzi. L’insegnante, chiamiamola così, assicura di aver inviato le immagini e il filmato con Renzi e il “brizzolato” al Fattoquotidiano.it. Non un testo noioso, che capita di buttar via. Ma fotografie che anche senza volere chiamano attenzione. E lì chi c’è? L’Innominabile con il Losco. E questa roba qui è credibile sfugga al rigore e alla precisione certificata e premiata della squadra di segugi di Marco Travaglio? Figuriamoci. Ed ecco che alla tornata di nomine, ma guarda un po’, l’unico escluso è quello che Conte – letto curriculum, attinto informazioni da colloqui – voleva più di tutti portare in alto. Vuoi vedere che quel filmato era giunto chissà come a Conte stesso inducendolo al sospetto di tradimento? Il 17 gennaio era uscita sulla Stampa la rivelazione di Massimo Giannini che raccontava come pezzi grossi dei servizi segreti si stessero dando da fare per reclutare senatori onde sostenere a qualunque costo il governo Conte. Che Mancini ambisse spingere Renzi nelle braccia responsabili e materne della senatrice Mastella? Ma no: ha tradito!

Mi rendo conto. Qui siamo alle illazioni, che non combineranno il corso della piccola storia delle persone singole e sole. I giochi sono fatti oramai. E sono stati i ricami falsificanti di Report e della truppa al seguito ad aver deciso la partita. Il 13 maggio scrive il solito informatissimo Bonini: «Il sottosegretario alla presidenza del consiglio Franco Gabrielli ha disposto l’interruzione del servizio di scorta di cui godeva (Mancini) e di cui nessuno è stato in grado di giustificare le ragioni». Ma guarda un po’. Quanta pigrizia. Magari aprire il fascicolo e leggere. Ma non doveva essere vietato riferire ai giornalisti decisioni che appartengono alla sfera di riservatezza dei servizi, appunto, segreti? Ci sono canali autorizzati dai vertici a comunicare le notizie comode alla stampa di riferimento? Un’inchiesta del Copasir sul punto, no?

Finché arriva a giovedì scorso quando dev’esserci stata una conferenza stampa a cui noi del Riformista non siamo stati invitati. Deve esistere un catalogo di nomi fidati, e ci piacerebbe che quelli bravi pubblicassero l’elenco dei privilegiati di questa Loggia che si è esibita lo stesso giorno con la medesima notizia (Rep, Corriere, Stampa, Il Fatto, Domani), cioè sul cosiddetto congedo “con disonore” (Bonini) di Mancini. Nessuno scrive quale contestazione gli sia stata fatta, scrivono che se non avesse accettato il prepensionamento gli sarebbe stato fatto balenare il ritorno nell’arma dei carabinieri con il grado di maresciallo. Si tratta di colorare di minacce al limite del reato penale la ammirata liquidazione del brigante sbugiardato. Che goduria. La menzogna rivela malizia è ignoranza. Il diritto amministrativo prevede il mantenimento di una equipollenza di grado nei trasferimenti amministrativi, capo reparto del Ds equivale nella gerarchia militare a generale, ma non è questo. È il fiorire corale di queste rivelazioni a impressionare. A indurre una domanda semplice: chi ha elaborato il piano di tortura e liquidazione? Di che mafia stiamo parlando?

Intanto Marco Mancini è solitario y final in ferie, quindi ancora in servizio fino a metà luglio. Come tale è convocabile come dipendente della presidenza del Consiglio dal Copasir, o da superiori che vogliano capire. Lo vogliono? Ma va’ là. Fiorenza Sarzanini riferisce, dopo un colloquio avuto nell’ambito del Dis, che M.M. è “probabilmente pronto a un incarico nel settore privato”. Dopo l’allontanamento “con disonore”? L’ha letto su Linkedin? E qui siamo pieni di domande a Draghi, Gabrielli, Belloni. Confermate “il disonore” per Mancini? Possibile vi siate fatti mangiare dalla iena televisiva? Davvero va bene distruggere l’identità personale, passare una mano di acido muriatico sulla reputazione di un “servitore dello Stato” senza che abbia diritto allo Stato di diritto? Qui nessuno di noi è Zola, ma come ci piacerebbe si alzasse in un cosiddetto grande giornale o in Parlamento uno che gli somigliasse.

(FINE. La prima parte è stata pubblicata ieri)