Mama Africa
Pressing per ripresa negoziati in Arabia Saudita
Guerra in Sudan, svolta decisiva dopo anni: i governativi riconquistano il palazzo presidenziale, i paramilitari si trincerano nel Darfur

La guerra in Sudan dopo due anni di scontri feroci sembra arrivata ad una svolta decisiva. I governativi guidati dal generale Abdel- Fattah al Burhan hanno riconquistato il palazzo presidenziale e tutto il quartiere ministeriale di Khartoum, dove si erano annidati i ribelli delle Forze di Supporto Rapido. Il controllo della capitale, uno dei principali campi di battaglia, non è ancora nelle mani dell’esercito regolare perché restano ancora sacche di resistenza nei quartieri meridionali e nelle vicinanze dell’aeroporto internazionale che per il momento rimane chiuso.
Da diverse settimane l’avanzata dei regolari nel Sudan centrale e meridionale ha ridotto il raggio d’azione dei paramilitari guidati dal generale Mohamed Hamdam Dagalo che però si è arroccato nelle provincia occidentale del Darfur. La maggioranza dei suoi uomini sono originari di questa regione e appartengono a tribù arabe che vivono qui da secoli. Le Forze di Supporto Rapido sono gli eredi diretti dei cosiddetti Janjaweed (Diavoli a Cavallo) che hanno terrorizzato il Darfur provocando un autentico genocidio delle popolazione africane che vivono in questa parte del paese.
Il generale al Burhan ha spostato la sede del governo nella città di Port Sudan, il principale sbocco sul mare dello stato africano amministrando circa il 60% del paese. Ora con il Kordofan quasi interamente tornato sotto controllo dei governativi e la capitale vicina alla liberazione, la situazione sul campo sta cambiando, ma le trattative restano arenate. Intanto il vice di al Burhan, Tenente Generale Yasir al-Atta ha minacciato il confinante Ciad di essere pronto a scatenare l’aviazione contro gli aeroporti ciadiani, rei, stando alle sue parole, di essere la base di partenze delle incursioni delle Forze di Supporto Rapido.
Attraverso gli aeroporti del Ciad i paramilitari riceverebbero le armi fornite dagli Emirati Arabi Uniti, strenui alleati di Dagalo che però hanno negato di essere coinvolti nella guerra civile sudanese. Dalla parte dell’esercito nazionale è invece schierato l’Egitto, che fornisce assistenza all’aviazione e all’artiglieria, ma soprattutto sostegno politico con un legame personale fra il presidente egiziano al Sisi ed il generale al Burhan. Il rischio adesso è che le Forze di Supporto Rapido si trincerino nel Darfur, cercando di chiudere i passaggi di confine e diventando uno stato nello stato.
La popolazione locale di origine africana è già scappata nei campi profughi improvvisati in Ciad, ma se la guerra si concentrasse in questa area la violenza potrebbe durare ancora mesi. Al momento le forze armate regolari non sembrano avere la forza di espugnare le città del Darfur, nonostante il martellante bombardamento dell’aviazione sudanese rimasta fedele ai governativi. Adesso l’unica strada è che riprendano le trattative in Arabia Saudita, ferme da molti mesi e che potrebbero ridare una speranza ad un paese sfibrato da un conflitto infinito.
© Riproduzione riservata