L’ingente dispiegamento militare di Hamas ha sollevato interrogativi sul futuro dell’accordo con Israele. Se da un lato Gerusalemme insiste nel voler eliminare il movimento, dall’altro il gruppo islamico palestinese non vuole mollare il governo della Striscia. Le scene viste durante lo scambio di prigionieri, con i miliziani che controllavano la zona della consegna delle tre israeliane alle auto della Croce Rossa, hanno scatenato le polemiche. Gli analisti palestinesi del giornale panarabo “Asharq Al-Awsat” le considerano un potenziale pretesto per Israele per annullare l’accordo dopo la fine della prima fase, per poi tornare in guerra. E quindi auspicano maggiori sforzi da parte dei mediatori per dissuadere Hamas dalle ostentazioni che danneggiano il corso degli eventi.

Le reazioni

Con uniformi pulite, auto nuove e armi in pugno, gli uomini armati che indossavano le insegne dell’ala militare di Hamas hanno vagato per la Striscia di Gaza all’inizio dell’attuazione dell’accordo di tregua domenica scorsa. Intanto una dichiarazione del ministero dell’Interno nella Striscia, che è gestito da elementi fedeli al movimento, annunciava l’inizio dello “schieramento dei miliziani nelle strade”, spingendo gli attivisti palestinesi sui social media a parlare di “una sconfitta per Israele e una conferma della forza e della sopravvivenza di Hamas nella Striscia”. In Israele il commentatore militare del Canale 14, Noam Amir, ha chiesto con rabbia: “Perché (quelle parate) non sono state bombardate dall’aria?”. Invece il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, ha minacciato di rovesciare il governo se non si tornerà a combattere “in un modo che ci porti a prendere il controllo dell’intera Striscia e a governarla”. L’analista Saeed Okasha, esperto di affari israeliani, descrive ciò che Hamas ha fatto come “una dimostrazione della sua consapevolezza che non governerà Gaza”. “Sta cercando di apparire forte e questo può causare una crisi se non viene preso in considerazione nella futura governance della Striscia, cosa che però minaccia l’accordo“. L’analista politico palestinese, Abdul Mahdi Mutawaa, ritiene che “Hamas ha ancora la mentalità del gioco d’azzardo che si è verificata il 7 ottobre” e che vuole inviare due messaggi a Israele e all’interno della Palestina:Rimarrà al suo posto”.

Il pericolo della Cisgiordania 

La tregua a Gaza dà però a Israele la possibilità di evitare che si crei in Cisgiordania una situazione simile a quella della Striscia. Il pericolo vero per lo Stato ebraico si nasconde a Jenin, dove è molto forte la Jihad islamica oltre che Hamas. Per questo ieri è stata lanciata una grande operazione di sicurezza in quella città, che ha provocato almeno 6 morti e 35 feriti. Il primo ministro Netanyahu sostiene che si tratti di “un altro passo avanti nel raggiungimento dell’obiettivo che ci siamo prefissati: rafforzare la sicurezza in Giudea e Samaria”. L’operazione, soprannominata “Muro di Ferro”, dovrebbe durare diversi giorni. “Stiamo operando in modo sistematico e deciso contro l’asse iraniano ovunque invii le sue armi, a Gaza, in Libano, in Siria, nello Yemen e in Giudea e Samaria”, ha dichiarato Netanyahu.

Gli attacchi di ieri in Cisgiordania

L’operazione è iniziata con diversi attacchi con drone alle infrastrutture utilizzate dai gruppi terroristici a Jenin. Un gran numero di soldati – tra cui forze speciali, agenti dello Shin Bet e ufficiali della polizia di frontiera – stanno ora operando nella città. Gli obiettivi sono “preservare la libertà di azione delle Idf” in Cisgiordania, neutralizzare le infrastrutture terroristiche ed eliminare le minacce imminenti, secondo l’esercito. Il raid è avvenuto dopo che un soldato riservista israeliano è stato ucciso e altri 4 sono rimasti feriti, tra cui un alto ufficiale in gravi condizioni: sono stati colpiti da una bomba sul ciglio della strada in Cisgiordania. Ed è seguita anche l’apparente rottura di un accordo di tregua tra l’Autorità nazionale palestinese e i gruppi terroristici che operano a Jenin.