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L'accordo tra Israele e l'organizzazione genocidiaria
A Gaza non chiamatela tregua, i palestinesi non stanno ritornando alla libertà perché c’è Hamas

Rimettere in ordine i fatti che hanno portato alla liberazione di tre ostaggi israeliani e di decine di palestinesi, molti dei quali responsabili di gravi crimini, vorrebbe dire innanzitutto non dare il nome sbagliato all’”accordo” negoziato e concluso nei giorni scorsi tra Israele e Hamas, cioè il cosiddetto “potere de facto” che governa a Gaza.
L’accordo tra Israele e l’organizzazione genocidiaria
Non è un accordo per il cessate il fuoco. Non è un accordo per la tregua. Potrà avere, forse, quegli effetti: ma non si tratta né di una cosa né dell’altra. Si tratta, invece, dell’accordo per il quale uno Stato democratico, Israele, riscatta la vita di alcuni ostaggi facendo gravose concessioni a un’organizzazione genocidiaria che ha massacrato 1.200 persone inermi e ne ha rapite altre 250, e ha poi rivendicato quelle mostruosità promettendo di volervisi abbandonare ancora e ancora. Trasfigurare questa diversa realtà nell’equanime piano umanitario rivolto alla pace significa insultare la verità delle cose e premiare le folle di Gaza in tripudio per la “vittoria”.
Perché i palestinesi non stanno ritornando alla libertà
Ma assegnare alle cose il nome dovuto non adempie solo a uno scopo di veritiera aderenza. Serve anche – diremmo soprattutto – a correggere gli intendimenti mal diretti dei tanti (pochi dei quali in buona fede) che fanno le mostre di tenere alle sorti di Gaza e, in particolare, della popolazione ancora costretta a risiedervi sotto il giogo malefico di Hamas. Compiacersi del fatto che i palestinesi stiano “ritornando alla libertà” – come qualche sconsideratezza editoriale ha messo in prima pagina l’altro giorno – mentre Gaza si appresta ad accogliere centinaia e centinaia di terroristi liberati dalle carceri israeliane e mentre Hamas si predispone a perpetuarvi il proprio dominio oppressivo e sanguinario, vuol dire dannare la causa palestinese, non difenderla. Vuol dire affidarla a un eterno presente di violenza e barbarie anziché immaginarla in un futuro di libertà e di sviluppo. Quando reclama il diritto di auto-determinazione dei palestinesi senza intimare che esso non si risolva, coincidendovi perfettamente, nella pretesa di smantellare lo Stato ebraico, la cosiddetta comunità internazionale si rende responsabile non solo (sarebbe quasi il meno) della derelizione delle ragioni israeliane ma, ben più gravemente, di un atroce inganno che tradisce e pregiudica innanzitutto i palestinesi di cui si afferma protettrice.
A indurre alla gioia i manifestanti di Gaza, adunati intorno ai suv della Croce Rossa presi d’assalto dagli uomini mascherati di Hamas, a tradirli e a pregiudicarne il futuro sono stati i molti che hanno accreditato quell’osceno fraintendimento: che possa costituire per la società palestinese una vittoria, un premio, essere ulteriormente infestata di terroristi e ulteriormente subordinata a dirigenze criminali.
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