Netanyahu fa l’accordo con la destra radicale
Israele, la tregua e l’incertezza sulle condizioni dei 33 ostaggi in cambio di 1700 detenuti palestinesi
Donne, militari, bambini, anziani, ma anche malati e feriti. Tra loro anche Mengistu e al-Sayed, prigionieri nella Striscia da un decennio. Domani pomeriggio, se tutto va come previsto, saranno liberate 3 donne.

Benjamin Netanyahu ha provato fino all’ultimo a convincere i suoi alleati della destra radicale Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir. I due ministri, uno delle Finanze e l’altro della Sicurezza interna, si sono sempre detti contrari all’accordo con Hamas. E ieri, durante la riunione del gabinetto di sicurezza, il leader di Sionismo religioso e quello di Otzma Yehudit hanno mantenuto la loro promessa.
Su Ben-Gvir, Netanyahu non ha mai avuto molte speranze. Il ministro ha sempre avuto posizioni estremamente dure sui rapporti con i palestinesi e sul proseguimento della guerra. Al punto che giovedì sera, Ben-Gvir ha promesso le dimissioni in caso di accordo ma garantendo il suo rientro nella maggioranza solo in caso di ripresa della guerra. Diverso il caso di Smotrich, con cui invece Netanyahu ha iniziato a trattare da giorni, facendo incontri continui per ammorbidirne le posizioni, o quantomeno per evitare la fuoriuscita dal governo da parte di un elemento fondamentale come raccordo con gli alleati dell’ultradestra.
Il compromesso di Bibi
Il ministro delle Finanze ha sempre tentennato rispetto all’abbandono della coalizione. E alla fine, Bibi sembra averlo convinto con il compromesso: rimanere in maggioranza (pur rifiutando l’accordo) in cambio della garanzia che Israele riprenderà la guerra se dovesse fallire la prima fase dell’accordo (tema su cui Netanyahu ha detto di avere ricevuto il placet di Joe Biden e di Donald Trump), l’assicurazione sul controllo israeliano sugli aiuti umanitari e un impegno nella sconfitta generale di Hamas non solo a Gaza. Gli indizi di una trattativa su questi binari sono apparsi chiari sin da ieri mattina. Il ministro della Difesa, Israel Katz, ha ordinato il rilascio dei coloni israeliani della Cisgiordania trattenuti in detenzione amministrativa. Una delle categorie che rappresenta il bacino elettorale proprio della destra radicale. Mentre durante la riunione di gabinetto, è trapelata quella che Israel Hayom aveva dato come indiscrezione nelle ore precedenti all’approvazione dell’accordo, e cioè l’inserimento anche della Cisgiordania tra gli obiettivi del conflitto.
In particolare, ha spiegato la radio pubblica Kan, il rafforzamento della sicurezza della regione. Seppure la strada appaia in salita, tutto sembra comunque orientato verso la conferma dell’inizio della tregua per domenica. Ieri sera, il governo si è riunito per dare l’ok definitivo. E il ministero della Giustizia israeliano ha pubblicato un elenco parziale con i nomi di 95 detenuti palestinesi da liberare in cambio degli ostaggi israeliani detenuti a Gaza (in tutto saranno rilasciati 1700 prigionieri).
L’incertezza sulle condizioni dei 33 ostaggi
“Il rilascio dei prigionieri non avrà luogo prima di domenica alle 16:00”, ha detto la portavoce del ministero, Noga Katz. Mentre nelle prime ore della mattina è stata pubblicata ufficialmente la lista dei 33 ostaggi che saranno rilasciati nella prima fase dell’accordo. L’elenco è lo stesso che circolava nei media arabi e israeliani già nelle scorse settimane. Ci sono donne, comprese militari, bambini, uomini anziani, ma anche malati e feriti. Tra loro ci sono anche Avera Mengistu e Hisham al-Sayed, israeliani prigionieri nella Striscia da un decennio. E l’attenzione è rivolta anche a Ariel, Kfir e Shiri Silberman Bibas, i due bimbi e la mamma rapiti il 7 ottobre e che Hamas ha dato per morti senza però ricevere mai una conferma da parte del governo israeliano. Di questa lista, nessuno sa con certezza in che condizioni siano queste persone, quanti effettivamente siano vivi e soprattutto in che ordine saranno rilasciati.
Tre donne le prima a essere rilasciate
Domenica pomeriggio, se tutto va come previsto, saranno liberate tre donne. Oggi, Hamas fornirà i nomi. E Israele è già in allerta per ricevere persone che da 15 mesi sono nelle mani dei loro aguzzini. Gli ospedali conducono simulazioni da mesi. Ma gli esperti hanno messo in guardia che questa volta sarà molto diverso rispetto a quanto accaduto a novembre del 2023, quando furono rilasciati i primi ostaggi. All’epoca, le persone rapite erano malnutrite, disidratate, sotto shock, a volte ferite. E si trattava di persone tenute prigioniere per circa 50 giorni. Questa volta, invece, si parla di donne, bambini, anziani e feriti sequestrati per 15 mesi, molti dei quali sono stati trattenuti la maggior parte del tempo nei tunnel e con il terrore di morire o per mano dei terroristi o sotto le bombe israeliane. L’operazione militare, del resto, continua anche in queste ore. Secondo l’egiziana Al Qahera News, ad Arish, vicino al confine con la Striscia di Gaza, sono già pronti centinaia di camion carichi di aiuti umanitari, in attesa che scatti la tregua. E intanto, l’Idf continua a colpire Hamas e le altre milizie finché non scatterà ufficialmente il cessate il fuoco.
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