“Nasco uomo, ermafrodito, ma ho sempre saputo di essere donna. Così a 17 anni ho iniziato la transizione: un percorso difficilissimo che dura 10 anni tra dolore fisico e psicologico, porte chiuse in faccia, avvocati e medici”. Maura De Luca, 50 anni, ha deciso di raccontarsi per far capire cosa vuol dire intraprendere un simile percorso e, 30 anni dopo, ancora non essere accettati e bullizzati. “Paradossalmente negli anni ’80 quando io ho preso questa decisione era tutto più semplice, adesso c’è più cattiveria e va sempre peggio”, dice.

Maura è un’accompagnatrice socio sanitaria di Nola. Ama il suo lavoro fatto di dedizione e cura per bambini disabili e signore anziane. “I bambini soprattutto non mi trovano ‘diversa’, mi chiamano tutti zia – racconta Maura – Io voglio bene e rispetto loro e loro fanno altrettanto con me. Stessa cosa con le signore anziane”. Ma questa è solo una parte della vita di Maura. Nell’altra ci sono le risatine dietro le spalle, i pregiudizi di chi la guarda da capo a piedi, non comprende le sue scelte e le giudica. Per una donna come Maura che ha sofferto tanto questa è l’ennesima violenza che però lei affronta con coraggio e determinazione.

Conoscere cosa significa la transizione può essere utile ad annullare le distanze? Forse, e per questo Maura si racconta. “La transazione non è una cosa facile – dice – si deve tenere il cervello ben saldo e una grandissima forza. Ti chiudono tutti le porte in faccia. Ho dovuto affrontare la mia famiglia, i miei amici, anche i conoscenti. Ho anche perso il lavoro che avevo. Sono stata fortunata e ho avuto l’appoggio dei miei genitori, ho raccontato subito in famiglia anche se loro non hanno capito subito e si meravigliavano di com’ero”.

Poi è arrivato il bullismo da parte dei compagni di scuola. “Mi dicevano di tutto, se non era per la maestra Iervolino che li fermava continuavano a tartassarmi – ricorda Maura – Ma anche lì, da sola, sono andata avanti”. Poi la parte burocratica: Maura per leggere il suo nome dopo la transizione sui documenti ci ha messo tre anni. “Ci vuole pazienza, cause, avvocati, soldi ma soprattutto non bisogna scoraggiarsi – racconta – Hai a che fare sempre con l’ignoranza: entri in Comune e ti guardano, vai in un altro ufficio pubblico e ti giudicano, ma ho lottato e ce l’ho fatta”.

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La parte peggiore per Maura è stata quella di sentirsi sempre parlare male alle spalle. E trovare un lavoro non è stato facile: “Non ti prendono, si vergognano, fanno finta di accettarti. Ancora oggi ne sento di cotte e di crude, non hanno mai smesso di bullizzarmi”. E per Maura la situazione è destinata a peggiorare negli anni. “oggi sono più le donne che bullizzano, rispetto agli uomini – dice – Negli anni ’80 non c’era tutta questa cattiveria come c’è oggi. Forse perché c’erano più valori saldi, la famiglia, l’amicizia. Oggi va sempre peggio, è diventato un fenomeno inarrestabile. Prima dovevi nasconderti, ma alla fine la gente sapeva chi eri e ti lasciava stare”.

Maura si impegna tutti i giorni a combattere contro il pregiudizio e accorciare le distanze. “A chi mi bullizza dico di smetterla perché siamo tutti uguali – conclude – La vita è una sola e ce la dobbiamo godere, agli occhi di Dio siamo tutti uguali. Forse sono loro ad avere problemi? Per questo mi giudicano? Forse non stanno bene con la testa? Ve lo dico: io sto benissimo”.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.