Progetti non redatti e ritardi. Il Pnrr potrebbe adottare questo acronimo, tante sono le progettualità indefinite, col timore che la terza tranche sfumi, anche solo in parte. Sul capo della premier Giorgia Meloni la corona d’alloro dei fondi europei può trasformarsi in una corona di spine. E i controlli della Corte dei Conti in una tagliola che induce gli enti locali a scongiurare la paura di vedersi attribuire danni erariali.

Per evitarlo il governo, a quanto si apprende, sta lavorando ad una serie di emendamenti da inserire nel decreto sulla P.a per semplificare l’attuazione del Pnrr. Il provvedimento è all’esame delle commissioni Affari Costituzionli e Lavoro della Camera. Tra gli emendamenti ce ne sarebbe uno che riguarda il “controllo concomitante” da parte della Corte dei Conti e uno sulla proroga del cosiddetto scudo erariale che limita la possibilità di contestare il danno erariale solo ad alcuni casi più rilevanti.

Il ministro che segue i fondi europei, Raffaele Fitto, non vuole passare per Catone il censore. È però inesorabile che tutte le proteste finiscano su di lui, a partire da quei diecimila professionisti che gli contestano di non aver individuato un percorso di assunzione, dopo l’iter di reclutamento. Così ieri Fitto ha preso il toro per le corna e convocato otto presidenti di Regione a Roma. Dal vertice è uscito soddisfatto Stefano Bonaccini, il governatore emiliano alle prese con l’alluvione. Meno soddisfatto quello della Campania, Vincenzo De Luca. Da cui emerge una cronaca lapidaria: “Si è svolto questa mattina un incontro con il ministro Fitto. Il nulla”.

La premier Meloni, soddisfatta per l’esito dei ballottaggi, spiega le difficoltà. “Il nostro piano è il più grande d’Europa, e una sua revisione richiede una verifica attenta per scongiurare il rischio di fare in fretta e male. La scadenza per proporre modifiche è il 31 agosto e Fitto sta lavorando con la Commissione e le singole amministrazioni per assicurare la piena attuazione degli interventi. Siamo nei tempi”, ha sottolineato la premier. “La capacità di spesa – ha spiegato Meloni – è un problema storico. Accorpare la delega del Pnrr alle Politiche di coesione nasce proprio da questa esigenza”. A stretto giro è intervenuto anche Tajani: “Tutti i Paesi hanno delle contestazioni da parte dell’Ue, è ovvio che si deve trattare. Sono convinto che per quanto riguarda la terza tranche del Pnrr sia ancora questione di poco. Se poi ci dovesse essere l’esclusione di una piccola parte, l’Italia farà le sue osservazioni. La flessibilità è indispensabile”.

Dai progetti potrebbero rimanere escluse voci importanti per la scuola, o almeno così teme il Pd. “Abbiamo letto che la proposta fatta dal ministro Valditara al ministro Fitto relativa agli obiettivi del piano porterebbe a un taglio delle progettualità che riguardano gli asili nido e le mense”, ha dichiarato Irene Manzi, deputata Pd e responsabile scuola dei Dem. Bonaccini specifica: “Appena il ministro sarà pronto a sottoscrivere l’accordo, noi siamo pronti con la destinazione dei progetti, gran parte dei quali andranno alla lotta al dissesto idrogeologico, alla ricostruzione di infrastrutture, soprattutto sulla parte montana, e dall’altra sulla rigenerazione urbana”.
L’alluvione rimane un’emergenza continua. In alcune località il fango si è solidificato: gli esperti devono rivedere al rialzo le stime dei danni all’agricoltura (e non solo). Le ipotesi di commissario sono tante: si parla del generale Francesco Figliuolo, di Guido Bertolaso, di Erasmo D’Angelis. “Serve un tecnico”, concordano Meloni e Salvini. E ne serve uno bravo.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.