8,4 miliardi di euro per la mitigazione del rischio idrogeologico, mai utilizzati, fermi nelle casse statali dal 2018. Ecco cosa c’è, anche, dietro il disastro in corso in Emilia Romagna.

È appunto dal 2018 che al Ministero dell’Ambiente è fermo – rimasto in bozza – il “Piano di adattamento ai cambiamenti climatici” (Pnacc), come scrive oggi il quotidiano “la Repubblica”. Un Piano la cui necessità appare in tutta la sua evidenza: alluvioni – e conseguenti frane e smottamenti, come si è visto a Casamicciola – come quello che ha colpito l’Emilia Romagna sono sempre più frequenti, frutto del riscaldamento globale.

Quando parliamo di “adattamento ai cambiamenti climatici“, intendiamo azioni volte a prevenire o ridurre i danni causati dall’innalzamento delle temperature, dovuto all’effetto serra. Nel caso dell’Emilia Romagna, ad esempio, per contrastare gli effetti di alluvioni di tale portata, bisogna ridurre gli effetti del dissesto idrogeologico e potenziare le misure di protezione civile. Misure concrete possono essere nuovi invasi per raccogliere l’acqua piovana o – come racconta la storia del fiume Misa – la creazione di casse di espansione.

Nonostante sia evidente l’urgenza, i fondi sono fermi: il nostro Paese, al momento, ha solo una Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, che risale al 2015, mentre manca una regia che coordini i fondi – sia italiani che europei – per la difesa del territorio.

Cosa è accaduto? L’iter del provvedimento è ripartito dopo la tragedia di Ischia – la frana che nello scorso autunno ha visto crollare un’intero costone collinare a Casamicciola – tuttavia i fondi, come si legge su “la Repubblica”, vengono spostati da un capitolo di spesa all’altro da quando il primo governo di Giuseppe Conte ha cancellato la struttura di missione Italia Sicura voluta da Matteo Renzi, la struttura creata in collaborazione con Renzo Piano e coordinata da Erasmo D’Angelis.

Da allora, ben 11mila progetti sono fermi, punti di un elenco nel cassetto, mentre i soldi giacciono inutilizzati. Il Piano avrebbe bisogno della cosiddetta Vas, ovvero la Valutazione ambientale strategica, che dovrebbe essere eseguita dalla Commissione apposita del Ministero. Inoltre, sarebbe necessario un apposito decreto. Nel considerare, dunque, le premesse al disastro dell’Emilia Romagna, va valutato anche questo stallo.

Non solo: nel corso degli anni, il fatto che le competenze in materia siano suddivise fra Stato e Regioni, ha ostacolato il procedere di un piano concreto e coeente di contrasto al dissesto idrogeologico. “I fondi ci sono, perfino troppi. Tra risorse nazionali ed europee da spendere entro il 2030, stando alle stime della Corte dei Conti, ammontano a 14,3 miliardi di euro. A questi si aggiungono le risorse del Pnrr: 2,5 miliardi, più circa 6 miliardi per i comuni“, si legge oggi su “il Messaggero”, in un articolo a firma di Francesco Bechis. Insomma, archiviata Italia Sicura, è venuta meno una struttura di coordinamento. “Negli anni si sono succedute riforme di ogni genere. Solo una però ha fissato in modo inequivocabile paletti e responsabilità. Parliamo di Italia Sicura”, scrive Bechis. Manca, insomma, una cabina di regia nazionale, con il risultato che le regioni operano in autonomia, con risultati non sempre eccellenti: “Al Sud arrancano Campania, Puglia e Sardegna, dove ovunque ci vuole in media più di 5 anni per chiudere i cantieri contro il dissesto, mentre è a due regioni del centro Italia, Marche e Molise, che va il premio per la realizzazione più veloce delle opere, con tempi medi rispettivamente di 3,5 e 4,1 anni. Comunque troppi per stare al passo con le calamità naturali“, conclude Bechis.

Necessità, dunque, che da parte riformista vengono sottolineate da tempo. “Tutto il mondo politico si sta accorgendo FINALMENTE di quale follia sia stata la chiusura dell’unità di missione “Italia Sicura”, il progetto del mio Governo con Renzo Piano e Erasmo d’Angelis”, scrive oggi su Twitter il nostro direttore editoriale Matteo Renzi. “Conte decise di eliminare quella struttura che combatteva il dissesto idrogeologico e questo è stato l’errore più grande dei grillini, persino più grande del reddito di cittadinanza o del superbonus”, aggiunge Renzi. “Rivolgo   conclude – un appello al Governo Meloni: recuperate quel progetto. È l’unico modo per spendere subito i soldi che già ci sono”.

Redazione

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