Due sorelle possono litigare, ma poi devono fare la pace. Meloni e Macron si sono detti entrambi di questa idea, ieri, durante il bilaterale di Palazzo Chigi. In un contesto internazionale segnato da guerre senza tregua, a Gaza, come nella dimenticata Libia, negoziati inconcludenti, a Istanbul sull’Ucraina, e uno scontro commerciale Usa-Ue, in cui nessuna delle parti è in grado di fornire risposte, l’incontro tra i due leader è risultato controcorrente. E in bene. È un primo passo per il necessario disgelo delle relazioni Italia-Francia.

Un anno di frizioni

L’appuntamento chiude un anno esatto di occhiatacce, polemiche mal celate e frizioni. Le incomprensioni erano iniziate lo scorso anno, al G7 pugliese del Castello Svevo, il presidente francese insisteva perché il diritto all’aborto venisse inserito nell’agenda del summit. Meloni ne era contraria. Da allora, i due si sono trovati in disaccordo su come affrontare un’amministrazione Trump, certo non amica dell’Ue, e soprattutto sulla gestione della guerra in Ucraina. La Francia promuove i volenterosi. L’Italia, no. Parigi vorrebbe mandare i suoi uomini a rinforzo dei soldati ucraini. L’Italia ben se ne guarda. Preferisce affrontare il tema ricostruzione, quando ci sarà l’occasione. Chi mai può avere torto tra i due?

Le differenze tra Meloni e Macron

La differenza tra Meloni e Macron di come si osserva (e si governa) il mondo è strutturale. Non è chiaro chi abbia voluto per primo lasciare da parte Weltanschauung e diffidenze personali, a vantaggio di un realismo ispirato dall’idea per cui le sorelle latine non possono restare antagoniste. In Europa, Ursula von der Leyen è sempre più evanescente. I dazi Usa incombono. Come anche Ucraina e Gaza. È il momento dei Paesi fondatori, che devono presentarsi uniti, “con l’obiettivo di costruire un’Europa più sovrana, più forte e più prospera”, come sottolineavano fonti italiane prima ancora del vertice.

Troppo decisionismo

Per Macron è indispensabile ritrovare la serenità con l’Italia. La sua presidenza è in scadenza tra due anni, senza possibilità di un terzo mandato. Questo non significa che possa permettersi di osare in qualunque circostanza. Troppo decisionismo rischia di compromettere la sua immagine di volenteroso, alimentando le critiche, a casa nostra, che lo indicano più come un personaggio disruptive, che un partner conciliante. Certo, in Francia c’è chi preferisce Sergio Mattarella a Giorgia Meloni. Le Monde, appena ieri, ha pubblicato con lungo articolo sul nostro Capo dello Stato, osannato come “l’ultimo dei democratici”. Nulla da obiettare. Salvo le tempistiche.

I rapporti con Parigi

Altrettanto a Roma torna utile armonizzare i rapporti con Parigi. Per prima cosa è giusto riflettere sulla convenienza di continuare a restare fuori dai volenterosi. Ora che Trump si è dimostrato quel leader inaffidabile come da molti previsto, Palazzo Chigi ha bisogno di riagganciare le relazioni di buon vicinato con chi, al di qua e al di là delle Alpi, rischia l’osso del collo per colpa dei dazi Usa. Non funziona più infatti il mors tua vita mea di cinque anni fa, quando i dazi picchiavano su vini e formaggi francesi, mentre il made in Italy ne restava immune. Con gli Usa c’è uno scontro commerciale aperto che, in assenza di Bruxelles, dev’essere affrontato dalla seconda e dalla terza economia esportatrice dell’Ue.

Si riprenda il Patto del Quirinale

La filiera franco-italiana degli armamenti vede protagonisti, tra gli altri, Leonardo, Fincantieri, Naval Group e Thales. Campioni nazionali, tutti a partecipazione pubblica, la cui cooperazione è consolidata e che certo non guadagnano nulla dalle incomprensioni istituzionali. Con Antonio Filosa, si può aprire un nuovo capitolo, speriamo positivo, per l’auto italo-francese. L’industria dell’acciaio dev’essere altrettanto rilanciata. Da qui è necessario riflettere sulle modalità di recupero delle risorse finanziarie. In vista del negoziato sul prossimo Quadro Finanziario Pluriennale, ieri si è parlato di un mix di investimenti privati ed europei. È sull’economia reale, quindi, devono tornare a poggiare le relazioni Italia-Francia. Si riprenda il Patto del Quirinale.