Putin non è impazzito. È lucido. È tattico. Fiuta il momento. Come Jep Gambardella, sa di poter far fallire qualsiasi festa. Figuriamoci la festa mondiale della pace. E, per esserne sicuro, a Istanbul non manda neppure il ministro degli Esteri. Nel frattempo, continua con le sue bombe, i suoi insulti e le sue minacce: definisce gli europei deficienti e sorvola con un caccia il cielo di un Paese Nato come l’Estonia.

La svolta e l’idea devastante

Il suo schiaffo è collettivo. A Zelensky e all’Europa, ma anche al Papa, a Erdoğan e persino a Donald Trump, tenuto in sospeso fino all’ultimo all’aeroporto di Washington. Perché lo fa? Com’è successo che dall’arroganza imperialista sia passato al disprezzo? La svolta sembra frutto di una sua idea devastante: Putin sente che oggi può. Perché siamo in un interregno. L’Europa non è ancora pronta e l’America non lo è più. Gli attori del teatro vuoto sono un presidente USA isolazionista che va a fare ponti d’oro ad Al Jolani, un’Unione europea che ancora discute se valga la pena difendersi e se farlo ciascun per sé o insieme, una variopinta comitiva di amici del giaguaro, da Orbán a Fico fino ai patrioti ben poco patriottici dei Paesi democratici.

Un leone che può ancora far male

Oggi più che mai, a renderci più sicuri è solo la resistenza dell’Ucraina. Kyiv non ha mai ceduto. È solo per questo che Putin può pure fare il gradasso ma deve fermarsi lì. Dal 2022 ad oggi ha perso almeno 800mila soldati e ha mostrato al mondo di essere un leone senza artigli. Ma ciò non vuol dire che non voglia o non sappia sferrare micidiali zampate per portare nella sua orbita territori, governi e pezzi crescenti di politica occidentale. La risposta è una. L’Occidente di ieri non tornerà, l’ha spiegato di nuovo benissimo Mario Draghi. Serve una nuova Europa. Ma serve anche superare l’idea immobile e sfuocata che abbiamo della Nato. Un’alleanza che ci ha garantito la pace, ma ci ha anche narcotizzato. Abbiamo dormito per decenni sotto l’ombrello atlantico senza più vederlo per com’era, cioè lo spazio dove le democrazie imparano a difendersi non solo con i missili, ma con la consapevolezza, la memoria, la volontà di futuro. Nel frattempo, i nemici della libertà – non i feticci degli antifascisti nostrani, ma quelli veri – stavano riorganizzandosi e armandosi.

Se l’Occidente ha paura di esistere

Il problema non è più “quanto spendiamo” in Difesa. È quanto crediamo ancora in quello che dovremmo difendere. Putin ha capito che l’Occidente ha paura di esistere. Dobbiamo reagire su questo terreno: una Nato ripensata e rilanciata come presidio della libertà, che non parli tanto ai Generali quanto ai cittadini. Esattamente come i partigiani di un tempo, o come i liberatori dell’Est nel 1989. Che non erano propriamente dei pacifisti, perché contro il nazismo o il comunismo sarebbe stato criminale esserlo. Oggi il vero rischio, prima ancora di Putin, è la resa graduale a un’idea di mondo dove non vale più la pena neppure schierarsi. Putin ci liquida come deficienti? A forza di non rispondere, finiremo per dargli ragione.