Con Difesa comune esercito più grande del mondo non sarà "irrilevante"
La scossa di Draghi: “Dazi punto di rottura con Usa, azzardo credere a ritorno normalità. Ucraina? Fornito metà aiuti ma saremo spettatori negoziato”

Al XVIII Summit Cotec di Coimbra, in Portogallo, arriva un nuovo appello di Mario Draghi all’Unione Europea. L’ex premier spiega che con i dazi “siamo a un punto di rottura” e che servirà un accordo con gli Stati Uniti di Donald Trump anche se “non sarà come prima”. Nel suo intervento, intitolato “un appello all’azione“, invito che Draghi rivolge all’Ue da tempo, sottolinea che cambiamenti sono già in corso da anni con “la situazione che si stava deteriorando anche prima del recente innalzamento delle tariffe. Quindi, le frammentazioni politiche interne e la crescita debole ha reso più difficile una effettiva risposta europea. Ma gli eventi più recenti rappresentano un punto di rottura. L’uso massiccio di azioni unilaterali per risolvere le controversie commerciali e il definitivo esautoramento del Wto hanno minato l’ordine multilaterale in modo difficilmente reversibile”.
Dunque “le recenti azioni dell’Amministrazione statunitense avranno sicuramente ripercussioni sull’economia europea. E anche se le tensioni commerciali dovessero attenuarsi, l’incertezza rischia di persistere e di frenare gli investimenti in tutto il settore manifatturiero dell’Ue”. Il suggerimento dell’ex presidente della Bce è quello di “investire in mondo massiccio e responsabile per preservare la nostra libertà. Nel lungo periodo è un azzardo credere che torneremo alla normalità nel nostro commercio con gli Stati Uniti, dopo una rottura unilaterale così importante in questa relazione – o che nuovi mercati cresceranno abbastanza velocemente da colmare il divario lasciato dagli USA. Se l’Europa vuole davvero essere meno dipendente dalla crescita degli Stati Uniti, dovrà produrla da sé”.
“Dal 2020 – ricorda – abbiamo perso il nostro modello di crescita, il nostro modello energetico e il nostro modello di difesa. Gli europei avvertono in modo acuto il senso di crisi”. Per Draghi “stiamo assistendo a grandi fratture istituzionali” e lo “shock politico dagli Stati Uniti è massiccio. E ad esso si accompagnano un completo cambio di rotta in Paesi come la Germania, e una nuova determinazione nella Commissione ad affrontare barriere e burocrazia”.
Sul fronte della guerra in Ucraina e sul piano ReArm Europe, Draghi sottolinea che l’Unione Europea può contare su una delle forze militari “più grandi” del mondo, con 1,4 milioni di uomini in armi. Tuttavia “è una forza che, divisa in 27 Stati e priva di una catena di comando comune, rende l’Ue “irrilevante” sul piano militare nonostante le “crescenti minacce” da parte della Russia “sono evidenti da almeno un decennio”. Putin, infatti, “non fa mistero di considerarci un nemico da indebolire tramite la guerra ibrida. Dieci anni fa ha invaso la Crimea, e tre anni fa ha proceduto a invadere l’Ucraina” e adesso “con il ritrarsi dell’ombrello di sicurezza degli Stati Uniti, stiamo cominciando a renderci conto della nostra debolezza. Ma l’unica cosa di cui dovremmo sorprenderci è la velocità di questo cambiamento”, conclude.
Poi riconosce, in vista dell’incontro di domani a Istanbul e delle precedenti trattative avviate, che “anche se abbiamo fornito circa la metà degli aiuti militari all’Ucraina, probabilmente saremo spettatori di un negoziato di pace che riguarda il nostro futuro e i nostri valori”.
© Riproduzione riservata