Parigi
L’Europa e il cambiamento radicale: il monito severo ma realista di Draghi
Supermario suona l’ennesima sveglia: così l’Europa rischia il sonno eterno. Barriere interne, regolamenti e direttive hanno ostacolato la competitività

L’Europa non può continuare a dormire sugli allori: il rischio non è un brusco risveglio, ma il sonno eterno. Il monito lanciato da Mario Draghi è severo ma realista, indispensabile per dare la sveglia a una Ue che si trova a un bivio: promuovere un «cambiamento radicale» o arrendersi all’irrilevanza. In un editoriale sul Financial Times, l’ex presidente del Consiglio ha evidenziato le vulnerabilità strutturali che affliggono l’Unione e ha proposto una serie di misure urgenti per incentivare l’innovazione, ridurre la dipendenza dalle importazioni estere e stimolare l’economia.
Le barriere economiche
Secondo Supermario, è stata l’Europa a imporre a sé stessa delle barriere economiche, che sono ben più gravi e dannose di qualsiasi dazio proveniente dall’esterno. La crisi economica globale ha messo in evidenza i limiti di un sistema che si è rivelato fallimentare: le normative interne, sempre più rigide, hanno finito per rallentare la nostra competitività. «Le barriere interne sono un retaggio di tempi in cui lo Stato nazionale era la cornice naturale per l’azione», ha scritto.
La strigliata di draghi
Le difficoltà storiche della Ue nel superare le sue barriere interne, specialmente quelle normative, sono pesanti. La diffusione di regolamenti e direttive, pur con l’intento di proteggere i cittadini, in realtà ostacola la crescita: le barriere interne «equivalgono a una tariffa del 45% per la produzione e del 110% per i servizi». La regolamentazione impatta in particolare sul settore tecnologico, cruciale per la competitività globale dell’Unione. Le leggi europee rischiano di appesantire ulteriormente un sistema economico che già di per sé fatica a stare al passo con i veloci cambiamenti globali.
«Agire in questo modo non ha portato né benessere agli europei, né finanze pubbliche sane, né tantomeno autonomia nazionale, che è minacciata dalle pressioni dall’estero», è la strigliata di Draghi. Cosa fare, allora, per rispondere alla concorrenza globale e al crescente protezionismo che arriva da Stati Uniti e altre potenze economiche? Comportarsi da Ue. Serve un uso «più proattivo» della politica fiscale, con maggiori investimenti produttivi, per «ridurre i surplus commerciali» e inviare «un forte segnale alle aziende affinché investano di più in ricerca e sviluppo». Ma per farlo serve un’Europa, quella davvero unita.
© Riproduzione riservata