Posti esauriti ai forni crematori, aumento dei letti in terapia intensiva, cliniche della febbre per ospitare chi ha sintomi lievi e diminuzione delle scorte nelle banche di sangue, oltre a un sistema sanitario in forte difficoltà con il governo che starebbe disponendo l’aumento del numero di medici a disposizione e le scorte di medicinali. E’ la fotografia dei media internazionali dell’emergenza covid che sta colpendo da settimane la Cina e che viene fortemente ridimensionata dalle autorità di Pechino che nei giorni scorsi (7 dicembre) ha deciso di allentare le restrizioni dopo i lockdown.

Da una parte l’esplosione dei contagi, dall’altra i numeri ufficiali che non cristallizzano l’emergenza in corso. Basti pensare che i morti ufficiali registrati a Pechino, dove quasi il 40% dei 22 milioni di abitanti sarebbe risultato positivo, sono appena 7 nelle ultime 48 ore. C’è da aggiungere che la Commissione Nazionale per la Sanità cinese ha fatto sapere che conteggerà come morti per Covid-19 solo quelle imputabili a un collasso dell’apparato respiratorio dovuto al virus, escludendo quindi dal conteggio ufficiale i morti, soprattutto tra gli anziani, che hanno contratto il virus, ma che soffrivano di patologie pregresse.

Nelle ultime ore il quotidiano statunitense “Wall Street Journal” e il britannico “Financial Times”, che in Cina hanno una capillare rete di contatti, hanno registrato le dichiarazioni di dipendenti di forni crematori e camere mortuarie che riferiscono di essere letteralmente “sommersi” dal lavoro dopo l’abbandono della draconiana politica “zero Covid” che ha sin qui caratterizzato la strategia cinese di contenimento del virus. Tesi avvalorata anche dai giornalisti di “Reuters” e “Bloomberg” che nella giornata di ieri, lunedì 19 dicembre, hanno segnalato lunghe code di auto nere con corone a lutto e visto personale in tuta protettiva bianca scaricare le bare.

Questa mattina l’Agenzia France Presse – così come riporta il Corriere.it – ha parlato per telefono con un funzionario di un crematorio a Chongqing, megalopoli da 30 milioni di abitanti: “Non abbiamo più spazio per i corpi in lista d’attesa” ha spiegato senza però precisare se la situazione sia stata causata dai decessi per Covid. Riscontri che hanno portato ad avanzare più di qualche dubbio sui dati diffusi dal governo cinese. Dati che ricordano, sperando di non rivivere lo stesso incubo, quelli diffusi a inizio pandemia a Wuhan (dicembre 2019-gennaio 2020), con il numero reale delle vittime fortemente sottostimato: i decessi formalmente segnalati furono appena 4mila, ma si ritiene che il numero sia molto maggiore e compreso tra le 60 e le 80 mila vittime.

Secondo quanto ricostruito dai media occidentali, in Cina in questi giorni gli ospedali sono sotto pressione. “Dall’allentamento delle restrizioni siamo oberati di lavoro 24 ore al giorno. Non riusciamo a tenere il passo“, fanno sapere dal crematorio, secondo cui il numero di salme prese in consegna nell’arco di una giornata è passato da 30 a circa 200.

Dello stesso tenore sono le dichiarazioni rilasciate al quotidiano britannico “Financial Times” da un autista di pompe funebri residente nella capitale cinese. Secondo quest’ultimo vengono trasportati collettivamente “20 o 30 salme al giorno” rispetto a una media di cinque. Difficoltà nella gestione delle operazioni dei forni crematori anche tra i dipendenti della casa funeraria Tongzhou, secondo cui “le cremazioni si tengono dalla mattina fino alle 22 e i forni non riescono a tenere il passo“.

A Pechino – spiega via Twitter Eric Feigl-Ding, epidemiologo e giornalista del “New York Times” – mancano le celle frigorifere per conservare i corpi in attesa delle cremazioni, che ormai avvengono a “ciclo continuo”. Feigl-Ding che osserva anche come il numero dei funerali sia decisamente aumentato nelle ultime settimane.  Una proiezione di tre docenti dell’Università di Hong Kong arriva a stimare circa un milione di morti nel 2023 per l’ondata di contagi Covid che sta interessando la Cina: 684 morti per milione di persone, ovvero a circa 964.400 morti nel Paese da 1,4 miliardi di abitanti. Con l’85% della popolazione coperta dalle quattro dosi di vaccinazione, e con il 60% di copertura anti-virale, il numero di decessi potrebbe essere ridotto di oltre un quarto rispetto le stime, in una percentuale compresa tra il 26% e il 35%, secondo lo studio finanziato, in parte, dal China Center for Disease Control and Prevention e dall’amministrazione di Hong Kong.

 

 

 

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