Saif al-Islam Gheddafi, secondogenito del deposto dittatore libico, il colonnello Muʿammar Gheddafi, ha presentato la sua candidatura per le elezioni previste il mese prossimo. Dopo anni di clandestinità e mesi di voci, domenica Seif al-Islam è uscito dall’ombra. Un tempo volto riformista del regime di Gheddafi (prima di aiutare suo padre a reprimere i ribelli dell’opposizione durante la rivolta della Primavera araba nel 2011), la sua ricomparsa sulla scena politica libica ha dato uno scossone ai già fragili sforzi per far apparire regolari le prossime elezioni, prese come punto di svolta da attori internazionali e libici che sperano che siano il prossimo grande passo nella transizione della Libia da anni di guerra civile e caos verso la pace e la stabilità.

Quando venerdì le potenze globali si sono incontrate a Parigi con i leader libici per riaffermare il loro impegno a tenere le elezioni presidenziali e parlamentari il 24 dicembre, il dibattito sul voto si è risollevato. Resta da vedere cosa ne sarà della dichiarazione, con i leader libici ancora incapaci concordare le regole di base per lo scrutinio, su la legge elettorale che verrà adottata e sul fatto che sia le elezioni presidenziali che quelle parlamentari si svolgeranno simultaneamente.

Il presidente del consiglio libico, Mohamed Menfi, ha dichiarato a Parigi di essere favorevole allo svolgimento delle elezioni presidenziali del 24 dicembre, ma il primo ministro del paese, Abdul Hamid Dbeiba, non si è esposto in merito. Dbeiba ha detto che ha intenzione di candidarsi alla presidenza, nonostante precedentemente avesse sostenuto il contrario. Altri probabili candidati includono il comandante militare Khalifa Hifter , che guida le forze orientali della Libia, il presidente del Parlamento, Aguila Saleh, e l’ex ministro degli interni Fathi Bashagha.

Gheddafi, che è stato ripreso in un video domenica mentre presentava le carte per la sua candidatura nella città meridionale di Sabha indossando un abito tradizionale e un turbante libico in quella che è stata la sua prima apparizione pubblica tra i libici da anni, potrebbe essere lo sfidante più temibile.

Vittoria o no, il ritorno di Gheddafi è visto come una conseguenza del cambiamento dei tempi in Libia da quando i ribelli hanno catturato e ucciso suo padre nel 2011. Mentre la guerra civile ha travolto il paese dividendolo tra governi rivali orientali e occidentali, Gheddafi è rimasto prigioniero, ricercato (come è tuttora) dalla Corte penale internazionale con l’accusa di crimini di guerra commessi durante la rivolta.

Emadeddin Badi, analista libico, ha twittato domenica che “una tela piuttosto deprimente” era stata dipinta per le elezioni, osservando che i candidati ora includevano qualche ricercato dalla Corte penale internazionale (Gheddafi) e “un signore della guerra” (Hifter), che è stato citato in giudizio in un tribunale americano con l’accusa di aver torturato i libici durante la guerra.

Le accuse contro Gheddafi e Hifter hanno portato domenica il procuratore militare libico ad annunciare di aver chiesto alla commissione elettorale nazionale di sospendere entrambe le candidature fino a quando non fossero state approvate. La commissione non aveva risposto entro domenica sera.

Per anni i libici non hanno saputo se Saif al-Islam Gheddafi fosse vivo o morto. Liberato nel 2017, ha trascorso gli ultimi anni lontano dagli occhi del pubblico, ma gli sforzi guidati dalle Nazioni Unite per riunificare le istituzioni del paese e avviarlo su un percorso di governo stanno ora dando l’opportunità di riguadagnare importanza al Paese, anche se gli analisti sono dubbiosi che possa attirare un ampio sostegno .

Alcuni libici domenica hanno respinto la candidatura di Gheddafi definendola un cinico tentativo di riconquistare il potere dopo il governo distruttivo di suo padre, ma allo stesso tempo non pensano che esistano alternative migliori. “Ci si può aspettare solo un ciclo continuo di caos, combattimenti e violazioni”, ha detto Mohamed Doukali, 47 anni, un impiegato del governo nella capitale libica, Tripoli, aggiungendo che, sebbene ritenesse che Gheddafi non avesse idee per salvare il paese, molti dei suoi amici e parenti avrebbero sostenuto il figlio dell’ex dittatore.

Per molti libici, Gheddafi rappresenta un’occasione per calmare disordini e violenze esplose negli ultimi dieci anni, e vedono in lui una figura potenzialmente unificante che ricorda loro i giorni più stabili prima della rivolta. “Francamente, non voglio partecipare alla votazione per gli attuali noti candidati”, ha detto Aya Emhamed, 31 anni, architetto di Tripoli, “perché abbiamo già visto cosa possono offrire alla Libia, e il risultato è una Libia frammentata e divisa”.

Nonostante le difficoltà nel tenere un’elezione regolare, è improbabile che le elezioni da sole stabilizzino la Libia. Il paese deve affrontare turbolenze economiche, milizie armate con poca intenzione di sciogliersi, politica frammentata, divisioni tra est e ovest e continue ingerenze di potenze esterne che hanno sostenuto entrambe le parti nella guerra negli ultimi anni, mirando all’influenza nella nazione nordafricana ricca di petrolio e gas.

L’annuncio dello ‘sfratto’ dei trecento mercenari stranieri dalla Libia fatto settimana scorsa di Hifter, che sarebbero dovuti uscire dal paese in una data non specificata, lascia comunque il problema di quelli che rimangono (in numero non precisato) minacciando il fragile cessate il fuoco e le elezioni. Le Nazioni Unite hanno stimato che i combattenti stranieri ancora presenti siano circa 20.000, tra cui alcuni appartenenti alla società di sicurezza privata russa Wagner Group e provenienti dal Ciad, dal Sudan e dalla Siria. Nonostante le pressioni delle potenze europee e degli Stati Uniti, la Russia e la Turchia, i cui mercenari si schieravano contro fazioni opposte , sono rimaste riluttanti a ritirarle.

Riccardo Annibali

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