Certe notizie vanno date due volte. Scandite, parola per parola: il generale dei carabinieri Tullio Del Sette è stato assolto in Appello a Roma dall’accusa di rivelazione del segreto d’ufficio e favoreggiamento in uno dei filoni della maxi inchiesta Consip. I giudici della Terza Sezione hanno fatto cadere le accuse “perché il fatto non sussiste”.

Lo scriviamo di nuovo per essere sicuri che la notizia non sfugga: perché invece è uno di quei fatti che sfuggono all’attenzione. Dei direttori, dei giornalisti. E dunque dei lettori, ai quali non arriva. Il generale Del Sette è innocente. Era innocente dall’inizio, da quando finì nelle maglie della Procura di Napoli che istruì in prima istanza il processo, prima che passasse a Roma. Raggiunto da noi al telefono, il generale Del Sette, felice per la “Restituita onorabilità”, preferisce non commentare. Limitandosi a ringraziarci per l’attenzione con cui abbiamo seguito il procedimento.

Di cui vanno ricordate le tappe: in primo grado, nel gennaio del 2021, Del Sette era stato condannato a 10 mesi. L’ inchiesta Consip, spiattellata su tutti i Tg, era presentata su tutte le prime pagine dei giornali come il “watergate” italiano. L’inchiesta aveva lambito il presidente del Consiglio di allora, Matteo Renzi, i suoi famigliari ed i suoi più stretti collaboratori. Beh, avevano scherzato.

D’altronde non era un’indagine, sin dalle prime sommarie informazioni: era già una condanna senza appello. L’inchiesta non guardava in faccia a nessuno, nemmeno al comandante Generale dei Carabinieri, Tullio Del Sette. Il suo promotore? “Un magistrato senza macchia e senza paura, che non ha mai sbagliato un colpo (chiedere a tutte le sue vittime), nientepopodimeno che: Henry John Woodcock”, come commenta su Facebook il deputato Davide Faraone. Bando alla storia: ora c’è l’assoluzione. Una assoluzione piena.

“Si tratta di una decisione che finalmente restituisce al generale Del Sette, ex comandante generale dell’Arma dei carabinieri, l’onorabilità che gli era stata ingiustamente sottratta”, hanno commentato i difensori Fabio Lattanzi e Carlo Bonzano. Anche il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha esultato. “Sono molto contento per lui ma io, che ho avuto l’onore di conoscerlo, non ho mai avuto alcun dubbio. Mai”, ha scritto su Twitter.

E ha telefonato per primo al generale, seguito dal presidente del Senato, Ignazio La Russa. La seconda carica dello Stato ha colto l’occasione per invitare Del Sette a Palazzo Madama. “Ho sempre ritenuto il generale Del Sette una persona perbene, tra i migliori servitori dello Stato ed ero certo che il tempo sarebbe stato galantuomo riconoscendo l’infondatezza delle accuse e la sua assoluta dirittura morale. Questa sentenza gli restituisce giustizia e onorabilità. Con il generale ci vedremo presto in Senato per un caffè e un abbraccio”.

Bene, ma non basta. Parla ancora Faraone: “E adesso, come tutte le volte, ci chiediamo: chi paga? Chi paga per il danno arrecato al Paese con l’assalto alle sue più importanti Istituzioni? Chi paga per il danno d’immagine e politico arrecato all’allora Presidente del consiglio ed ai suoi collaboratori? Chi paga per le sofferenze arrecate alle persone coinvolte ed alle loro famiglie? Chi paga? Ve lo dico io chi paga: nessuno”. Un altro deputato, Enrico Costa, di Azione: “La notizia rimbalzò per settimane su giornali e tv. Stamattina su Stampa, Repubblica e Corriere neanche una riga. Protestano per il “bavaglio” di Nordio, ma s’imbavagliano se c’è un’assoluzione”. L’ex parlamentare del Pd Stefano Esposito, che fa del garantismo una sua battaglia, fa la sintesi: “Nel processo Consip ci sono inchieste servite per colpire una parte politica che dopo anni finiscono nel nulla. Avanti i prossimi”.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.