“Come i Roman per l’esercito molto, /l’anno del giubileo, su per lo ponte / hanno a passar la gente modo colto, / che da l’un lato tutti hanno la fronte / verso ‘l castello e vanno a Santo Pietro, / da l’altra sponda vanno verso ‘l monte.” Così il Sommo Poeta nella “Commedia” racconta l’affluenza massiccia al Giubileo del 1300 indetto da Papa Bonifacio VIII con la Bolla “Antiquorum habet fida relatio”, tale da obbligare le autorità pontificie all’istituzione del senso di marcia lungo il ponte di Castel Sant’Angelo. Quello di Bonifacio VIII fu il primo “Anno Santo” nel senso in cui l’intendiamo oggi. Lo stesso predecessore di Bonifacio VIII, papa Celestino V con la “Perdonanza Celestiana” gettò le basi del modello istituito poi dal suo successore, il quale però si ispirò de facto alla tradizione ebraica. Nonostante secondo quanto riportato dal Cardinale Jacopo Caetani degli Stefaneschi nel suo “Liber de Centesimo sive Jubileo” in cui narra del colloquio tra lo stesso Bonifacio VIII e un uomo di ben 107 anni che gli raccontò di aver ricevuto l’indulgenza da Innocenzo III nel 1200 all’età di sette anni, “l’indulgenza dei Cent’anni”, iniziativa che può dirsi quindi la prima anticipatrice dell’anno giubilare.

I cambiamenti sociali

Bonifacio VIII però prese a modello de plano la tradizione ebraica, la quale fissa ogni cinquant’anni l’anno del riposo dalla terra, e per sancirne l’inizio si suonava un corno d’ariete il Jobel da qui il termine cristiano “giubileo”. Ad attestarne il passaggio nel Nuovo Testamento è lo stesso Gesù leggendo nella Sinagoga di Nazareth un passo del Profeta Isaia che fa riferimento esplicito “all’anno di grazia del Signore” (Luca 4,18-19 – Isaia 61,1-2). Per la maggior parte dei contemporanei però, al di là dei medievisti e dei cultori della tradizione il riferimento vivido sarà con il Giubileo del 2000 indetto da Giovanni Paolo II con la bolla “Incarnationis mysterium” e che offre non pochi spunti di riflessione alla vigilia di questo nuovo Giubileo che giunge però dopo venticinque anni in cui il mondo e la Chiesa hanno affrontato non poche prove, e tanti sono stati i cambiamenti sociali, economici e geopolitici, e non è un caso se per molti questo Giubileo sancirà una fase di passaggio.

Il Giubileo del 2000

Del resto lo stesso pontificato di Papa Francesco assume sempre di più le fattezze di un magistero improntato ad un’originaria volontà di trasformare e rivoluzionare che si è poi arenata sulla necessità di “tenere”, sempre nell’ottica della visione religiosa e geopolitica della Chiesa. Il Giubileo del 2000 arrivò al termine di un decennio che aveva visto tramontare anche sotto i colpi di Giovanni Paolo II il comunismo nella sua realizzazione pratica, statuale, del quale il pontefice di Cracovia fu il più acerrimo avversario, ma ci si trovava forse troppo inconsapevolmente alla vigilia di quello che per sintetizzare la profezia di Papa Benedetto XVI si annunciava come il vento della secolarizzazione, l’ultimo e il più pericoloso dei “venti di dottrina” che si sono scagliati contro “La piccola barca del pensiero di molti cristiani”, e che papa Benedetto XVI individuò come la più importante battaglia che la Cristianità avrebbe dovuto combattere su un terreno cruciale, l’Europa. Perché l’Europa è il cuore pulsante del cristianesimo, ed è qui che il vento della secolarizzazione ha fortemente radicalizzato la sua presenza.

Il quadro politico

Ma l’acuto di Benedetto XVI che con Papa Francesco inaugurò – unico caso nella bimillenaria storia della Chiesa il Giubileo Straordinario della Misericordia – non sembra aver trovato forse anche per una ragione puramente biografica la stessa convinzione nel suo successore. Anche sul piano politico questo Giubileo si trova nel mezzo di due conflitti, l’uno in Ucraina, l’altro in Medio Oriente, in una condizione che interroga la coscienza dei Cristiani, per il rischio concreto di un conflitto molto più esteso, e che porta il Santo Padre ad intervenire nell’invocare la pace, ma spesso prestando il fianco ad una strumentalizzazione delle proprie dichiarazioni, talvolta incaute soprattutto sulla questione medio-orientale. “Spes non confundit”, “la speranza non delude”, e “nell’imprevedibilità del futuro” sembra essere questa l’unica certezza prima che cammino di ogni fedele passi dal peccato alla grazia.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante - per ragioni anagrafiche - di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù - non per vizio - di sigari, ho solo un mito John Wayne.