C’era da immaginarlo. In questo mondo all’incontrario – che è esattamente quello di cui tipi come il generale Vannacci sono cittadini onorari – ci sta anche che la scelta nasca da lì. Che la spinta arrivi proprio da quell’osceno sproloquio grondante ignoranza proferito dallo scranno di sindaco nella sala del consiglio comunale di Terni. Lui negherà. Fatto è che Stefano Bandecchi, 63 anni, imprenditore e patron della Ternana, sindaco e leader di una lista che si chiama Alternativa popolare, “né a destra né a sinistra” come dice lui, si candida alle Europee. Il 9 giugno troveremo, al netto di una non facile raccolta firme, anche il suo simbolo nella scheda elettorale per le Europee. L’annuncio ufficiale è questione di ore, forse un paio di giorni. Ma lui ha già parlato: “Sarò capolista in tutte le circoscrizioni con Alternativa Popolare. Gli schieramenti non mi appartengono, sono nemico della sinistra quanto della destra”.

Siamo tutti curiosi di capire quale idea di Europa possa avere questo livornese entrato in affari e in politica seguendo l’odore del calcio. Ha provato per anni ad acquistare il Livorno calcio, si è ritrovato padrone della Ternana. E anche qui leggenda e realtà s’incrociano. Una volta c’erano le scuole di partito, adesso ci sono il calcio e il tifo. Pensavano fosse un filone esaurito dopo l’era Berlusconi. Invece no.
Di sicuro Bandecchi ha lanciato, quasi in concomitanza con il Piano Mattei del governo, il piano Eurafrica. “Dobbiamo fare asse produttivo ed economico con l’Africa e anche organizzare un’accoglienza diversa”. Concetto da sviluppare, senz’altro. Come quello del Piano Mattei. Il fine settimana potrà essere utile per saperne di più su entrambi.

A parte il senso per gli “affari” e qualche guaio per evasione fiscale (dell’Università, non sua personale), di Bandecchi al momento sono note soprattutto le liti in consiglio comunale e certe intemerate in tv dove ha spesso a disposizione microfoni importanti.
Nel settembre 2023 è diventato sindaco di Terni con quasi ventimila voti. Dopo le dichiarazioni dell’altro giorno sul “maschio predatore e cacciatore che guarda il culo alle donne e fatela finita con la violenza di genere”, sono undicimila i ternani che hanno firmato per farlo dimettere. Divenne sindaco al ballottaggio sostenuto da quattro liste civiche (Con Bandecchi per Terni, Alternativa popolare, Noi con Terni, Terni per loro) battendo il candidato del centrodestra (Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega, Liberali e riformisti e tre civiche). Politicamente è stato vicino al Movimento sociale, prima, e a Forza Italia. Ha sfiorato la candidatura alle ultime Politiche con il Terzo polo. Ma poi fu escluso. Troppo ingombrante. Troppo ingestibile.

Bandecchi e Vannacci, due profili che s’incrociano. Il generale non ha ancora sciolto le riserve per le Europee. Matteo Salvini aspetta una risposta e, se sarà positiva, è pronto a candidarlo in tutte e cinque le circoscrizioni. La base della Lega, e non solo, è alla disperazione. Ma il loro leader è convinto che “il generale possa portare un valore aggiunto prezioso”, qualcuno lo stima intorno al 3 per cento, per sopravvivere e galleggiare alla marea montante e annichilente di Fratelli d’Italia.

Entrambe queste storie raccontano bene l’impazzimento della politica, la fine dei partiti, la polverizzazione delle ideologie, la scarsità di idee e l’assenza di un piano, di una visione. Che poi sarebbero l’anima della buona politica. Se il fenomeno Vannacci risponde al populismo del politicamente scorretto – conto i gay, gli stranieri, le donne emancipate, i vaccini e strizzando un occhio alla Russia -, la candidatura di Bandecchi appartiene al genere pop della carica di presunti leader molto egoriferiti che confondono il populismo con un’idea politica, cioè di gestione, protezione, cura e crescita della cosa pubblica.  Per stare alle parole di Bandecchi, “se io sono volgare, ben venga perché volgare viene da vulgus che vuol dire popolo. E per me essere popolare non è e non sarà mai un’offesa. anzi, è un motivo di orgoglio”. Povero popolo, già bistrattato e ignorato e offeso. Ora anche usato da chi non ha minima idea di cosa siano la democrazia, i diritti e da chi confonde la libertà di espressione con il sessismo e il disprezzo per gli altri.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.