Le fake news le conosciamo. Notizie create appositamente per ingannarci, o notizie vere, ma distorte e manipolate ad arte. Le fake news spesso si diffondono in un modo che definivamo “virale”, senza forse renderci conto del suo significato proprio. Ora, nostro malgrado, lo abbiamo capito fin troppo bene. Le fake news sono difficili da combattere, perché c’è sempre qualche ingenuo e qualche sprovveduto disposti a prestare fede, o qualche malintenzionato risoluto a sostenerle e propagarle. Tuttavia, non siamo del tutto disarmati. Ci sono criteri precisi per filtrarle ed identificarle, ricorrendo a fonti autorevoli e accreditate o, quando possibile, risalendo all’autore o al falsificatore.

La notizia circolata nei giorni scorsi, di un servizio del tg Leonardo, di Rai3, non appartiene a nessuna di queste categorie, il servizio non era né falso, né alterato. È del 2015 e parla di ingegneria genetica. La copertina si presenta così. Mentre scorrono immagini di laboratori di biologia, una voce fuori campo esordisce annunciando: «Scienziati cinesi creano un supervirus polmonare da pipistrelli e topi».

Quindi precisa, con tono rassicurante: «Serve solo per motivi di studio», però poi incalza «ma sono tante le proteste» e assesta la stoccata finale: «Vale la pena rischiare?». Riporto anche il passaggio seguente che, in tempo di distanziamento sociale forzoso, suona come una profezia di Nostradamus: «È un esperimento, certo, ma preoccupa tanti scienziati. Un gruppo di ricercatori cinesi innesta una proteina presa dai pipistrelli sul virus della Sars, la polmonite acuta, ricavato da topi. E ne esce un supervirus che potrebbe colpire l’uomo».

“Che altro serve? È lui. È tutto chiaro. Ve l’avevo detto io che c’era sotto la guerra biologica! Altro che zuppa di ali di pipistrello. Ci volevano far credere che il virus fosse uscito dal calderone della strega di Biancaneve…” hanno gridato ad una voce i complottisti. In effetti, anche chi non sia molto incline ad accreditare tesi di cospirazioni planetarie o di regie di Grandi Vecchi, è rimasto comprensibilmente scosso. I riferimenti erano così precisi e le osservazioni così calzanti, che qualche domanda ce la siamo fatta tutti.

Questa non era una fake news, era un servizio autentico, genuino, di una rispettabile testata giornalistica, riportato così come era stato trasmesso, senza tagli e senza doppiaggi posticci. E spiegava: «un organismo modificato innestando la proteina superficiale di un Coronavirus trovato nei pipistrelli… su un virus che provoca la Sars, la polmonite acuta… Si sospettava che la proteina potesse rendere l’ibrido adatto a colpire l’uomo e l’esperimento lo ha confermato». Organismo modificato, Coronavirus, pipistrelli, polmonite acuta, colpire l’uomo. Le parole chiave di questa epidemia ci sono tutte, non ne manca nessuna. La tentazione di arrendersi all’evidenza e rivalutare le voci dissonanti dall’informazione ufficiale era forte.

Ma è proprio in questo momento di confusione, di stordimento, di angoscia che dobbiamo ricordarci quello che predichiamo sempre a chi inizia a dubitare dei medici e rischia di finire alla corte di veggenti e guaritori. La guida deve essere la scienza. La scienza è la sola titolata ad esprimere un giudizio equanime e imparziale, è il solo strumento idoneo a contrastare le pulsioni irrazionali. E i biologi molecolari non hanno tardato a fare chiarezza, nel modo più autorevole e convincente, con uno studio rigoroso pubblicato da una delle massime riviste di scienza al mondo, Nature (Medicine).

Questa è la virtù della scienza, come ci insegna Bruno Mars: don’t believe me, just watch! Chi avesse dubbi sulla correttezza delle loro conclusioni, può commissionare la replica dell’esperimento a un altro laboratorio qualificato del mondo ed otterrebbe la stessa diagnosi. In questo modo, ogni residua ipotesi di complotto si dissolve. Ma come fa questo studio a dimostrare che il virus artificiale, la “chimera”, prodotto dai biologi cinesi, è imparentato con il Covid-19, ma non è lui? Fanno come Lorenzo Valla, il grande umanista. Fino al ‘400, il potere temporale dei Papi era stato legittimato da un presunto editto dell’Imperatore Costantino a favore di Papa Silvestro, contenente donazioni e privilegi.

Valla dimostrò che quel documento non poteva essere stato redatto nel quarto secolo perché conteneva una serie di incongruenze ed anacronismi, alcuni termini appartenevano al latino medievale ed erano sconosciuti a quello classico. Ecco cosa doveva cercare il gruppo che ha pubblicato l’articolo su Nature per dimostrare che il virus cinese sintetico del 2015, la chimera, non può essere il Covid-19: alcuni tratti distintivi del Covid-19 incompatibili con le modalità di creazione della chimera… E dove potevano cercare queste caratteristiche?

Nel posto più naturale, il materiale genetico dei virus. Per produrre la chimera, i biologi cinesi hanno inserito un tratto del genoma di un altro virus all’interno di quello del coronavirus del 2015. Un tratto intero! Invece il Covid-19 non differisce dal coronavirus del 2015 per un tratto del suo genoma, ma per numerose variazioni distribuite lungo tutto il genoma.

E queste variazioni sparse non possono essere il frutto di un’operazione di ingegneria genetica. Al contrario, sono il segno distintivo dell’evoluzione naturale, quella descritta da Darwin, cioè errori commessi durante la replicazione che si spargono casualmente, un po’ e un po’ là. Immaginiamo il genoma del coronavirus del 2015 come una catena di un certo colore, bianca ad esempio. I biologi cinesi hanno preso un pezzo di genoma di un altro virus, una catena rossa, ne hanno tagliato un pezzo e l’hanno inserito nella catena bianca.

Quindi la chimera ha un genoma rappresentato dalla catena bianca del coronavirus 2015, tranne per il tratto rosso introdotto. Al contrario, il Covid-19 ha un genoma che è simile alla catena bianca del coronavirus 2015, ma con anelli di colore diverso distribuiti casualmente. La chimera e il Covid19 hanno molto in comune, perché entrambi discendono dal coronavirus del 2015, ma non sono parenti stretti e, tanto meno, gemelli. Quindi no, non è Francesca…