Il governo israeliano licenzia Ronen Bar, il capo dello Shin Bet (il Servizio segreto interno). Il quale non ci sta, e ne dice di tutti i colori. Seguono proteste di piazza, e la magistratura che interviene congelando il licenziamento. Questo, pressappoco, il quadro. Che ieri riempiva tutti i notiziari e le homepage dei giornali di mezzo mondo impegnati a descriverlo grossomodo così: il governo di destra azzera il vertice dei Servizi segreti che lo sta incastrando, mentre la società democratica si ribella e la giustizia pone un freno al colpo di mano del criminale al potere. Una rappresentazione sciatta e provinciale, che non sarebbe allestita se qualcosa di simile accadesse altrove.

Che cosa si direbbe di qualunque ordinamento democratico, infatti, se il capo dei Servizi segreti, licenziato dal governo, prendesse carta e penna per spiegare che il primo ministro è un corrotto? Che cosa si direbbe se quel funzionario aggiungesse che il primo ministro lo ha fatto fuori per interesse personale, per intralciare delle indagini che lo riguardano, insomma per pararsi il posteriore? Che cosa si direbbe di un qualsiasi sistema democratico in cui quel funzionario licenziato argomentasse che, con il proprio licenziamento, è messa a rischio la sicurezza del Paese? Che cosa si direbbe se, sulla scorta delle accuse del funzionario licenziato, si mobilitassero piazze anti-governative e proteste intorno alla residenza del primo ministro?

Si direbbe che il funzionario licenziato è una specie di golpista, o quantomeno un soggetto che in quel modo, cioè lasciandosi andare a quelle insubordinazioni e scompostezze istituzionali, ha dimostrato di essere quantomeno incauto e irresponsabile. Ma sono osservazioni – di minimo buon senso – evidentemente impossibili quando di mezzo c’è Israele. Qualunque cosa si pensi di Benjamin Netanyahu, infatti, qualunque cosa si pensi di come ha condotto la guerra di Gaza e qualunque cosa si pensi delle sue responsabilità nella mancata prevenzione e nella disastrosa gestione degli attacchi del 7 ottobre, dovrebbe essere chiaro a chiunque che non sta né in cielo né in terra che il responsabile di un Servizio segreto si ribelli al proprio licenziamento come ha fatto il capo dello Shin Bet.

È anche – direi proprio – su queste cose che si giudica la totale inaderenza della stampa occidentale quando si tratta della politica di Israele. A nessuno verrebbe in mente di fare lo scrutinio democratico di un Paese prendendo a riferimento il disappunto di un funzionario licenziato nei confronti del capo del governo. Nessuno, se il caso riguardasse un altro sistema democratico, dimenticherebbe che il primo (il funzionario) non ha accreditamento democratico mente il secondo (il primo ministro), piaccia o no, è stato eletto e ha la fiducia del potere rappresentativo. Una fiducia precaria? Sì. Controversa? Certo. Revocabile? Senz’altro. È ciò che distingue una democrazia da una junta di colonnelli, o da un comitato di salute pubblica guidato da un agente segreto.